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Questo articolo è stato pubblicato il 24 gennaio 2011 alle ore 07:52.
L'ultima modifica è del 24 gennaio 2011 alle ore 08:53.
I sindaci la vogliono per finanziare il «carico aggiuntivo» portato dai turisti ai servizi e alle strutture delle città. Gli albergatori la odiano, e contestano l'introduzione di una «gabella da medioevo» su un settore che già fatica a tenere il passo della concorrenza portata da paesi con il fisco più leggero (Spagna prima di tutto). Chi ha ragione? Per il governo tutti, o nessuno. Per accontentare i sindaci, senza forzare troppo la pazienza degli operatori, il decreto sul federalismo municipale - a meno di ripensamenti che potrebbero arrivare proprio oggi - introduce una «mezza tassa», applicabile nei capoluoghi di provincia, ma non negli altri comuni.
Il risultato è quello più classico nei compromessi di questo tipo: tutti scontenti. Il governo, che in queste settimane di tempesta (non solo) parlamentare non si può permettere di snobbare le richieste di nessuno, si è affrettato a spiegare che il decreto è aperto, e che già oggi ne potrebbe spuntare una nuova, ennesima versione. Chi avrà ragione? L'imbuto è sempre più stretto, perché la pazienza dei vari interlocutori si sta spegnendo. Se autonomia deve essere, logica vorrebbe che si lasciasse ai sindaci il compito di decidere se tassare o no, a prescindere dallo status di capoluogo: sapendo che anche tra loro (per esempio la Moratti) c'è chi è consapevole che le tasse non sono proprio la via migliore per far funzionare le cose.