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Questo articolo è stato pubblicato il 25 gennaio 2011 alle ore 07:52.
L'ultima modifica è del 25 gennaio 2011 alle ore 08:56.
Sembra persino paradossale che, nelle settimane passate, quando si parlava in continuazione di contrattazione collettiva, di turni e di pause di riposo e anche di modelli sindacali, non ci sia stato quasi nessun tentativo di mettere a paragone le esperienze negoziali concrete dell'industria dell'automobile. Si è discusso a non finire di diritti e di condizioni dei lavoratori, trascurando tuttavia di considerare la struttura degli accordi sindacali e quanto essi ci dicono delle forme effettive di esercizio della tutela sul luogo di produzione. Eppure, anche un raffronto sommario può dare indicazioni significative sulle relazioni fra imprese, sindacato e lavoratori e sullo spazio di trattativa che si delinea nell'applicazione delle regole sulla prestazione di lavoro.
Un'analisi dell'accordo siglato fra la Chrysler e la United Automobile of America nell'aprile 2009, contestuale alla definizione dell'alleanza con la Fiat, è illuminante per la distanza che rivela fra le relazioni industriali negli Stati Uniti e in Italia. Inevitabilmente, l'attenzione è condizionata dalla controversia sui punti di attrito maggiore che si è scatenata prima e dopo l'accordo Fiat del 23 dicembre scorso.
Anzitutto le pause, un terreno di scontro cruciale: nell'intesa Chrysler alla questione sono dedicate in tutto otto righe. In esse ci si limita a specificare che le pause sono calcolate in ragione di cinque minuti ogni ora lavorativa per ogni operaio dislocato sulla linea di montaggio, mentre i minuti scendono a tre ogni ora per i lavoratori indiretti. Non si aggiunge null'altro, così come si dice ancora meno per gli straordinari, stabilendo che saranno riconosciuti al termine del completamento delle 40 ore settimanali di lavoro.
Un buon conoscitore dei contratti di lavoro italiani stenterà a ritrovarsi nelle lasche prescrizioni del general settlement Chrysler-Uaw. L'impressione è di essere dinanzi a linee-guida estremamente generali, con una flessibilità applicativa demandata a ogni singolo impianto produttivo. Temi che fanno parte della tradizione sindacale di fabbrica come l'organizzazione del lavoro ricevono pochi cenni, giusto qualche rinvio al Word Class Manufacturing come al paradigma di riferimento per un assetto produttivo in evoluzione.