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Questo articolo è stato pubblicato il 25 gennaio 2011 alle ore 07:41.
L'ultima modifica è del 25 gennaio 2011 alle ore 08:44.
Alla vigilia dei negoziati di Istanbul la settimana scorsa tra i cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'Onu più la Germania e l'Iran, le aspettative erano modeste. I negoziati sono naufragati sull'insistenza iraniana di ottenere una promessa di sospensione delle sanzioni economiche adottate attraverso quattro risoluzioni dell'Onu tra il 2006 e il giugno scorso prima di accettare ogni ulteriore discussione del suo programma nucleare.
La posizione iraniana ha fatto naufragare ogni prospettiva di riaprire la discussione su un possibile aggiornamento dell'accordo, proposto nei negoziati di Ginevra (settembre 2009) e concluso a Vienna (Ottobre 2009), per trasferire uranio arricchito iraniano in Occidente. Le premesse di tale accordo erano di creare una nuova atmosfera di fiducia tra le parti.
L'Iran sta per esaurire le scorte di combustibile di uranio arricchito al 20% per alimentare il reattore di ricerca a Teheran, con il quale produce isotopi medici. Nel 2009, l'Iran non era né in grado di arricchire uranio al 20%, né di trasformarlo in combustibile. Il trasferimento dell'uranio dunque presupponeva che l'Iran si liberasse di una parte consistente delle sue attuali scorte - arricchite al 3,5% - e lo consegnasse a Russia e Francia, che lo avrebbero ulteriormente arricchito per poi trasformarlo in combustibile. Una volta restituito, il combustibile avrebbe potuto essere solo utilizzato a scopi civili ma avrebbe risolto il problema del suo esaurimento prossimo venturo.
Il trasferimento di circa 1.250 chilogrammi di uranio al 3,5% avrebbe ridotto le attuali scorte utilizzabili per la costruzione di armi nucleari a una quantità tale da impedire all'Iran, qualora lo volesse, di mettersi subito sulla strada dell'armamento. L'Iran, a settembre 2009, aveva accumulato circa 2 tonnellate di uranio al 3,5 per cento. Secondo molti esperti, occorre circa una tonnellata per produrre il materiale fissile al 90% di arricchimento necessario per un'atomica rudimentale (tipo Hiroshima).
Togliendo all'Iran 1.250 chili, la scorta utilizzabile per un programma militare sarebbe stata insufficiente anche per un solo ordigno. Naturalmente, l'Iran continua ad arricchire, aggiungendo circa 117 chili al mese alle sue scorte. Se l'accordo fosse andato in porto nel 2009, l'Iran avrebbe comunque ricostituito le sue scorte nel giro di dieci-undici mesi, ma il gesto avrebbe permesso alla diplomazia di guadagnare tempo. Per poter ricreare questo meccanismo occorre che l'Iran oggi ceda molto più uranio, avendone accumulato ormai più di tre tonnellate. Perché l'accordo possa avvenire, l'Iran dovrebbe sbarazzarsi di più di due tonnellate. Nel frattempo, l'incentivo a farlo si è ridotto - da febbraio scorso l'Iran arricchisce da solo l'uranio al 20% e ne ha già una scorta di 30 chili. Perché cedere quando l'assistenza tecnica non serve più?