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Questo articolo è stato pubblicato il 27 gennaio 2011 alle ore 08:07.
L'ultima modifica è del 27 gennaio 2011 alle ore 06:39.
Quando il presidente americano entra nella plenaria di Capitol Hill per pronunciare lo "Stato dell'Unione" è preceduto da una speciale tensione, un'atmosfera di attrazione magnetica in cui la personalità del leader esercita il suo mojo, il carisma dell'uomo di comando, in parallelo col mito (ambiguo) dell'eccezionalismo americano. Quale differenza rispetto ai caratteri burocratici della leadership nell'Unione Europea. Un sondaggio dell'Allensbach Institut rivela che solo il 4% dei tedeschi sa chi è che cosa fa Herman Van Rompuy, il presidente del Consiglio europeo.
Oltre il 90% non ha mai sentito il suo nome. Una dimostrazione folgorante del "protezionismo del consenso" attorno all'evanescente potere degli stati europei. Se Van Rompuy si presentasse al Bundestag o a Montecitorio, i commessi non lo farebbero entrare. Eppure anche un Barack Obama europeo potrebbe a pieno diritto pronunciare l'incipit classico della retorica politica americana: «Le cose che ci uniscono sono molte di più - e molto più forti - di quelle che ci dividono». In fondo la risposta alla crisi dell'euro, contraddittoria ma persistente, dimostra che i legami molecolari europei, la chimica degli interessi e la fisica dei valori sono invisibili eppure più forti di quanto si riconosca. Dietro ad essi, dietro alle costruzioni istituzionali e politiche, ci sono però individui mal informati e tenuti a distanza dalle decisioni comuni, separati da scompartimenti informativi nazionali semi-stagni.
Il risultato storico della prima emissione di titoli del Fondo di stabilità finanziaria (Efsf) - con richieste nove volte superiori all'offerta - ha fatto intravedere l'efficacia di soluzioni comuni. Ma per quanto successo possa avere la chimica dei salvataggi dell'euro, non è detto che il buon esito sia sufficiente alla scoperta di un sentimento di "razionale solidarietà" che convinca i cittadini a sentirsi più europei e a dare consenso alle stesse soluzioni. I sondaggi per ora dimostrano che la corrente procede al contrario: i tedeschi per esempio stanno trasferendo i sentimenti di diffidenza nei confronti dell'euro nel giudizio politico sull'integrazione europea. Così Allensbach sintetizza il suo sondaggio: «L'interesse comune nell'Europa è in pericolo».