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Commenti e Inchieste

Il crepuscolo della Sfinge Mubarak

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Questo articolo è stato pubblicato il 29 gennaio 2011 alle ore 08:15.
L'ultima modifica è del 29 gennaio 2011 alle ore 09:10.

Forse non abbiamo ancora misurato la gravità degli eventi che stanno attraversando il mondo arabo, in particolare l'Egitto. Questo non è un paese come gli altri, per due motivi essenziali: in primo luogo, è l'unico paese arabo che funge realmente da interfaccia fra Israele e la Palestina, e il mondo ha bisogno della sua stabilità politica. In secondo luogo, per la grande koiné araba e per tutta la cultura islamica sunnita l'Egitto ha sempre avuto il ruolo di centro intellettuale e politico.

È lì, in questo stato e nella capitale Il Cairo, che sono nate e si sono sviluppate le grandi tendenze che lungo il XX secolo hanno percorso il mondo arabo, da Casablanca a Beirut; è qui che sono stati sperimentati i primi tentativi di modernizzazione delle società arabe; i primi grandi film e i primi grandi romanzi arabi, le prime grandi riforme sono nati in Egitto. Ricordo sempre che la donna egiziana ha avuto il diritto di voto nel 1927, quella francese solo nel 1936, l'italiana addirittura nel 1946. Ma qui è anche nata nel 1929 l'ideologia del fondamentalismo islamico, con la Fratellanza musulmana fondata da Hassan al Banna; ed è qui che è stata concepita l'ideologia del terrorismo islamico, con Sayyd Qutub, imprigionato e condannato a morte da Nasser nel 1966.

L'Egitto rappresenta un miscuglio pauroso e preoccupante di tutte le contraddizioni che attraversano il mondo musulmano: il desiderio di modernità e di democrazia, e all'opposto la spinta fondamentalista al ritorno a una specie di età dell'oro dell'Islam attraverso lo stato della sharia. L'Egitto oggi si trova realmente a un bivio, e nessuno può dire se la folla che manifesta nelle diverse città del paese saprà approdare a una democrazia compiuta, che si sbarazzi definitivamente del pericolo fondamentalista, oppure se sottilmente il fondamentalismo islamico, attraverso i Fratelli musulmani o altri, strumentalizzerà e utilizzerà la questione democratica per realizzare ciò che vuole, uno stato islamico.

Il pericolo è grave, se si pensa che già alla fine degli anni 70 il defunto presidente Anwar al Sadat, per contenere la crescita dei movimenti fondamentalisti, aveva fatto la concessione di modificare il preambolo della Costituzione sancendo che la sharia (legge islamica) rappresenta la fonte principale della legislazione in Egitto.

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Tags Correlati: Egitto | Israele | Kifaya | Sadat

 

Abbiamo oggi nello scacchiere egiziano tutti i termini di un'equazione con due possibili soluzioni: democrazia o fondamentalismo. Sociologicamente la società civile egiziana appare molto meno strutturata di quella tunisina, e dunque più fragile; e ciò può favorire un inasprimento del potere attuale di Mubarak oppure una deriva verso il fondamentalismo islamico. Va ricordato che ElBaradei è in parte indirettamente appoggiato anche dai Fratelli musulmani, che comunque siedono in Parlamento; e che gli altri movimenti, come ad esempio il movimento Kifaya (che significa "Basta!"), essendo meno strutturati, non hanno leadership di rilievo. In questo momento il ruolo degli europei è di importanza fondamentale, e un'iniziativa internazionale va intrapresa per evitare pericolose derive. La storia dell'Iran rappresenta un monito.

Certo, al di là della vicenda egiziana, l'Europa deve essere consapevole che per il mondo arabo la questione democratica è la questione del XXI secolo, e che le democrazie dinastiche stanno vivendo la loro agonia. Questo è il messaggio lanciato da una popolazione che per il 70% ha meno di 25 anni, in una crisi economica devastante. L'aspirazione alla libertà si scontra oggi, dal Cairo a Sana'a, con la volontà di un ritorno a ciò che in occidente si chiama uno "stato etico" attraverso il fondamentalismo islamico.

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