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Questo articolo è stato pubblicato il 30 gennaio 2011 alle ore 08:17.
L'ultima modifica è del 30 gennaio 2011 alle ore 08:14.
Non bastano abbigliamento, elettrodomestici e profumeria - da sempre settori trainanti del made in Italy - a riportare il segno più alla voce acquisti. Né servono i saldi, giusto o sbagliato che sia anticiparli a prima delle festività natalizie o liberalizzarli. Sconti a parte, la verità è che i consumi stagnano: meno 4,5% in valore medio nelle "svendite" di gennaio. Già lo scorso anno, il calo era stato del 15%-20% sul 2009. Quest'anno si sperava in una mini-ripresa. Un segnale che non è arrivato, e che lascia intuire nuvole a catena. Andando un po' con l'accetta: se si spende di meno, sul lato dell'offerta si produrrà, investirà e assumerà di meno, innescando un circolo vizioso che porta meno soldi in tasca a chi deve comprare e rilanciare la domanda. Ma c'è anche un altro fattore, che attiene al lato stesso della domanda, e si chiama fiducia. Si spende e si consuma di più quando le aspettative sul futuro sono al rialzo. I dati sui saldi di gennaio dicono che queste aspettative non ci sono. Gli italiani spendono di meno perché attendono di vedere che fine farà la crisi, quella economica, ma anche quella politica. Non c'è spesa senza (un minimo di) certezza sul domani. Chi chiede più crescita e meno liti non lo fa a caso.