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Questo articolo è stato pubblicato il 01 febbraio 2011 alle ore 09:22.
Come evolverà a breve termine la situazione in Egitto?
Assisteremo a una lunga fase di transizione, con mesi d'incidenti e violenze che molto probabilmente si propagheranno anche ad altri paesi dell'area nord africana e medio orientale, come Giordania e Siria. Una cosa è certa: nessuna formula governativa nuova è già precostituita, quindi ci sarà solo da attendere lo sviluppo degli eventi. Ma nel lungo periodo le cose si riassesteranno positivamente.
Quale ruolo può avere l'Occidente in questa fase storica?
L'Occidente deve rimanere fuori dallo scenario politico egiziano. Non ha infatti alcun titolo per poter dare lezioni di democrazia o pontificare sulle scelte politiche di altri paesi. Gli egiziani saranno sicuramente in grado di superare in autonomia questa fase d'incertezza, senza aver bisogno né di un intervento esterno né politico, né peggio ancora, militare. Solo quando il quadro si sarà fatto più chiaro, le diplomazie occidentali potranno intervenire per sostenere la fazione o il movimento democratico che, autonomamente, avrà guadagnato la fiducia degli egiziani. Ciò che oggi può fare l'Occidente è aiutare a prevenire che le stesse violenze si replichino nei paesi vicini.
Quale lo scenario di lungo periodo: stretta del regime, più democrazia o terza via?
Dobbiamo mettere in conto anche il rischio che alcune fazioni musulmane di coalizione possano prendere il sopravvento. Tuttavia il rapporto fiduciario con l'Occidente non verrà mai meno. I movimenti musulmani in Egitto, del resto, non hanno un carattere estremista comune ad altri paesi del Medio Oriente. Per questo la struttura democratica del paese non è a rischio.