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L'Europa s'è persa nel Maghreb

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Questo articolo è stato pubblicato il 02 febbraio 2011 alle ore 09:06.
L'ultima modifica è del 02 febbraio 2011 alle ore 09:06.

I regimi arabi, laici e secolari del Mediterraneo stanno cadendo uno dopo l'altro. Prima la Tunisia di Ben Ali, ora l'Egitto di Mubarak. Per troppo tempo l'Occidente ha compiuto l'errore di sostenere i regimi arabi laici e secolari ma soprattutto autoritari e illiberali, come un possibile antidoto al fondamentalismo islamista.

Abbiamo accettato lo status quo in cambio della stabilità. Abbiamo accettato l'assenza di libertà e democrazia in cambio di relazioni politiche durature: non ha funzionato in passato, non può funzionare oggi. E oggi in tutto il Nordafrica l'assenza dell'Italia e dell'Europa rischia di produrre un vuoto, ed è forte il rischio che la caduta delle dittature secolari permetta il dilagare del fondamentalismo, dell'intolleranza, dell'integralismo.

Per questo è necessario agire con tempestività, abbandonando l'inutile politica di appeasement nei confronti dei dittatori mettendo a punto una strategia per la promozione dei diritti e per l'affermazione della democrazia nel Mediterraneo. Serve un'Agenda della libertà e della democrazia per il Maghreb e per il Medio Oriente. Se vogliamo evitare che il collasso delle vecchie dittature secolari in Tunisia come in Egitto permetta l'affermarsi di nuovi regimi integralisti (e i pogrom contro le comunità cristiane sono un primo e pericoloso campanello d'allarme), dobbiamo fare della promozione e del consolidamento delle democrazia in tutto il Mediterraneo la nostra priorità. E consolidare la democrazia non significa soltanto promuovere le elezioni dopo 30 anni di dittatura, significa promuovere il multipartitismo, sostenere le opposizioni democratiche e liberali, sostenere e favorire la stampa libera e indipendente, garantire l'indipendenza della magistratura, affermare lo stato di diritto e la rule of law.

È tempo per l'Europa e per l'Italia di fare delle scelte precise: dobbiamo sostenere le opposizioni democratiche e liberali di quei paesi a cominciare dal leader liberale egiziano Ayman Nour, che ottenne oltre il 6% dei consensi e subito dopo fu incarcerato tre anni dal regime di Mubarak in seguito a un processo per reati fiscali. Dovremmo sostenere apertamente quanti in Tunisia si battono per un vero multipartitismo (a cominciare dal partito social liberale escluso dalla formazione del primo governo post Ben Ali).

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Tags Correlati: Alleanza | Ayman Nour | Gianni Vernetti | Italia | Maghreb | Medio Oriente | Mediterraneo | Tunisi

 

Quanto sta accadendo in queste ore sta cambiando radicalmente la geografia politica dell'intero Mediterraneo e potremmo trovarci tra qualche mese con un panorama irriconoscibile e non necessariamente migliore. Le rivolte antiregime dei giovani nordafricani possono produrre effetti diametralmente opposti: l'avvio di un vero e stabile processo di democratizzazione in tutta l'area o l'affermazione di nuovi regimi di stampo integralista. E il paragone con la rivoluzione iraniana del 1979 non è poi così azzardato. Colpisce in queste l'assordante silenzio dell'Europa e del suo alto rappresentante per la politica estera, la signora Ashton.

Un silenzio che ricorda solo l'Europa incredula e incapace di agire di fronte alla carneficina della ex Iugoslavia in dissolvimento vent'anni fa. Un Mediterraneo stabile e democratico è un nostro chiaro interesse sia sul fronte della sicurezza che sul lato dell'economia. Per questo è necessario agire con tempestività.

I giovani in piazza al Cairo e a Tunisi, la nuova e vibrante società civile composta da professionisti, piccole imprese, intellettuali guardano con ansia all'Italia e all'Europa. Non facciamo l'errore di guardare a quel mondo con gli occhi del passato, trattando con rassicuranti dittatori o peggio erogando un po' di elemosina della cooperazione allo sviluppo. Serve un paese che faccia sentire la propria voce, che sappia far pesare la propria autorevolezza politica, che sappia sostenere per davvero un processo di cambiamento profondo in senso democratico e liberale in tutto il Mediterraneo. Questa è una sfida che se il governo saprà cogliere troverà un consenso ampio nelle aule parlamentari e nella società

* Gianni Vernetti, ex sottosegretario agli Affari esteri, è deputato di Alleanza per l'Italia

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