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Questo articolo è stato pubblicato il 04 febbraio 2011 alle ore 08:29.
Nei giorni scorsi sono state avanzate alcune proposte "risolutive" per i problemi del debito pubblico italiano. Le ipotesi nascono dalla convinzione che sarà inevitabile per ogni paese far fronte da solo alle conseguenze della crisi finanziaria globale. Ciò è certamente vero se non saranno individuate soluzioni cooperative a livello sovranazionale (europeo) in grado di liberare i bilanci pubblici dei singoli paesi europei dal peso dell'extra debito accumulato a causa della crisi, in modo da poter ristabilire una situazione di ragionevole equilibrio.
Questa sarebbe la soluzione più logica e utile. Proposte in questo senso esistono, ma nell'attuale situazione della politica europea non hanno grandi possibilità di essere prese in considerazione. È giusto quindi riflettere sulle implicazioni delle varie ipotesi di finanza straordinaria avanzate, che partono tutte dalla constatazione che a fronte di un debito pubblico molto alto (1.800 miliardi) esiste uno stock di ricchezza delle famiglie italiane cinque volte più elevato, e che prospettano un'imposta straordinaria sul patrimonio (non è chiaro se su tutto il patrimonio o solo su quello immobiliare) o sulle plusvalenze immobiliari.
A lcune valutazioni sulla portata delle diverse proposte si possono effettuare utilizzando i dati della nota inchiesta annuale della Banca d'Italia su redditi, ricchezza e consumi delle famiglie italiane: i dati sono relativi alla situazione del 2006, prima della grande crisi.
La prima ipotesi è stata avanzata da Giuliano Amato, qui sul Sole, che ha proposto un pagamento una tantum di 30mila euro a carico del terzo più ricco della popolazione italiana. I dati ci dicono che nei tre decili più elevati della distribuzione del reddito (poco meno di un terzo) si collocano quasi sette milioni di famiglie che possiedono il 67% della ricchezza complessiva: circa 5.700 miliardi, di cui 3.200 sono ricchezza reale (immobili) e 2.500 finanziaria. Il gettito del prelievo straordinario ammonterebbe quindi a poco più di 200 miliardi: 12-13 punti di Pil, il 3,6% della ricchezza posseduta, e quindi l'imposta straordinaria non sarebbe sufficiente neanche a riportare il livello del debito pubblico sotto il 100% del Pil. Per ottenere questo risultato sono infatti necessari circa 20 punti di Pil, e quindi il prelievo dovrebbe raggiungere il 5% del patrimonio e i 50mila euro di ammontare unitario.