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Questo articolo è stato pubblicato il 05 febbraio 2011 alle ore 09:51.
L'ultima modifica è del 05 febbraio 2011 alle ore 08:13.
La riforma Brunetta era stata presentata come l'inizio di una nuova era nel pubblico impiego, anche perché prometteva di rompere l'antico schema degli aumenti a pioggia per il personale e di aprire finalmente la strada dei premi ai dipendenti statali più meritevoli e produttivi. Una chiara rottura con il passato, e anche per questo motivo le misure del ministro Brunetta erano state accompagnate da un vasto interesse, oltre che dal via libera dei sindacati, con la sola eccezione della Cgil che aveva deciso di abbandonare il tavolo sulla riforma della contrattazione.
Appena sbocciato, però, il piano Brunetta ha immediatamente rallentato la corsa di fronte allo scoglio della mancanza delle risorse necessarie per alimentare il nuovo sistema "a premi". Ora si materializza il rischio di un ritorno al passato. La nuova intesa separata siglata ieri dal governo con Cisl, Uil e Ugl sembra avere l'obiettivo primario di salvaguardare gli aumenti a pioggia in essere. I ritocchi in busta legati a merito e produttività vengono rinviati esclusivamente all'eventuale (e ipotetico) dividendo racimolato dalle amministrazioni con i loro risparmi di gestione. Quasi una contraddizione, se non un vero passo indietro, rispetto all'approdo nella nuova terra promessa.