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Questo articolo è stato pubblicato il 11 febbraio 2011 alle ore 08:46.
L'ultima modifica è del 11 febbraio 2011 alle ore 06:38.
Forse la scoperta più eclatante emersa dal recente Rapporto sullo sviluppo umano delle Nazioni Unite, che registra il suo 20° anniversario, è la straordinaria performance dei paesi musulmani del Medio Oriente e del Nord Africa. Ed ecco la Tunisia, posizionata al sesto posto tra i 135 paesi, in termini di miglioramento dell'Indice di sviluppo umano (Isu) negli ultimi quattro decenni, davanti a Malesia, Hong Kong, Messico e India. Segue, non distante, l'Egitto, che si è piazzato al 14° posto.
L'indicatore Isu misura lo sviluppo raggiunto sul fronte della sanità e dell'istruzione, insieme alla crescita economia. L'Egitto e (soprattutto) la Tunisia hanno registrato buone performance sul fronte crescita, ma hanno eccelso soprattutto su istruzione e sanità. Con un'età media di 74 anni, l'aspettativa di vita della Tunisia prevale su quella di Ungheria ed Estonia, paesi che sono due volte più ricchi. Il 69% dei bambini egiziani va a scuola, una percentuale che eguaglia quella della più ricca Malesia. Chiaramente, questi stati hanno fornito servizi sociali e distribuito su vasta scala i benefici della crescita economica.
Eppure alla fine non è bastato. Parafrasando Howard Beale, i cittadini tunisini ed egiziani erano furibondi con i rispettivi governi e non ne potevano più. Se il tunisino Zine El Abidine Ben Ali o l'egiziano Hosni Mubarak speravano che i miglioramenti economici sarebbero stati ricompensati con la popolarità politica, allora devono esserci rimasti molto male.
L'annus mirabilis arabo ci insegna poi che la buona necessità economica non sempre coincide con la buona politica; le due cose possono prendere strade diverse per lungo tempo. È vero che i paesi ricchi del mondo sono per lo più democrazie, ma la politica democratica non è né una condizione necessaria né tanto meno sufficiente a mantenere uno sviluppo economico per diversi decenni.
Malgrado i progressi economici registrati, Tunisia, Egitto e molti altri paesi del Medio Oriente sono rimasti paesi autoritari, governati da un'élite e dominati da corruzione, clientelismo e nepotismo. I ranking di questi paesi rispetto a libertà politiche e corruzione sono in netto contrasto con le loro posizioni relative agli indicatori di sviluppo.