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L'Egitto? Se la può giocare

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Questo articolo è stato pubblicato il 16 febbraio 2011 alle ore 08:21.
L'ultima modifica è del 16 febbraio 2011 alle ore 06:39.

Nell'anno 508 prima della nascita di Cristo, dopo il rovesciamento di un tiranno, Clistene istituì la democrazia ad Atene. Nei 186 anni della sua esistenza, questa democrazia diede vita alla fioritura dello spirito più straordinaria che la storia ricordi, in uno spazio molto ristretto. Ma se la democrazia ha 2.519 anni, l'Egitto ne ha parecchi di più. Unificato per la prima volta 5mila anni fa, è lo Stato più antico del nostro pianeta.

Lo Stato, dunque, è molto più antico della democrazia. La sua invenzione si portò dietro un interrogativo: chi ne avrebbe avuto il controllo? Nel tempo e nello spazio, la risposta è stata quasi sempre: re-dei, re-sacerdoti, despoti militari e così via. Concettualmente il governo sarà anche nell'interesse del popolo, ma quasi mai è stato nelle mani del popolo.
Atene fu una grande eccezione, anche se l'ideale di un governo che risponde al popolo del proprio operato esisteva anche nell'antica Roma e nelle città-Stato italiane. Ma l'elezione diretta non poteva funzionare in uno spazio ampio. L'elezione di parlamenti nell'Inghilterra del XIII secolo risolse il problema. Il modello di un parlamento eletto che controlla l'operato del governo ormai si è diffuso in gran parte del pianeta.
Il progetto Polity IV del Center for Systemic Peace alla George Mason University è un'analisi dei regimi politici dal 1800 al 2009. Nel 2009, 92 dei 162 paesi oggetto dello studio erano democrazie, e soltanto 23 erano autocrazie, contro le 89 del 1977. Purtroppo, però, 47 paesi erano fragili con elementi di democrazia e autocrazia. Eppure, per la prima volta nella storia il mondo è in maggioranza democratico.
Significativa è l'impennata del numero delle democrazie avvenuta negli anni 90, in seguito al collasso dell'ex impero sovietico e alla trasformazione dell'America Latina. Ma il Medio Oriente era rimasto fuori da questa tendenza: anche se meno di un tempo, oggi è l'unica regione dove le autocrazie sono più numerose delle democrazie. Forse adesso non sarà più così.
La ragione principale per credere nel futuro della democrazia è che essa risponde a qualcosa di profondo dentro di noi. Come ha scritto l'economista Albert Hirschman, gli esseri umani desiderano avere "voce" nelle istituzioni che governano i loro affari, e avere la possibilità di "uscire" da esse. Aristotele ci diceva che «l'uomo è per natura un animale politico». Liberati dalle pressioni della sopravvivenza quotidiana, noi, in quanto esseri umani, cerchiamo un governo che dia conto del proprio operato.

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Tags Correlati: Albert Hirschman | Atene | Fabio Galimberti | Forze Armate | George Mason University | Medio Oriente | Partiti politici | Partito Comunista

 

Queste, a mio parere, sono aspirazioni umane universali. L'idea che siano determinate a rimanere eternamente estranee a determinate culture appare da tempo alquanto implausibile. Le potenze occidentali, purtroppo, spesso hanno frustrato queste aspirazioni. Alcuni occidentali pensano ancora che questo è quello che dovrebbe fare adesso l'Occidente in Egitto. È una tesi che appare non solo moralmente sbagliata, ma anche drammaticamente miope: le democrazie possono essere imprevedibili; le dittature che noi appoggiamo generano odi duraturi.
Ma per quanto forte sia la tendenza globale verso la democrazia, e per quanto universale l'aspirazione a essa, la domanda è: la democrazia ha la possibilità di emergere in Egitto?
Lo scetticismo è giustificato. Come osserva il mio collega Gideon Rachman, la stabilità della democrazia procede di pari passo con il progresso economico. Più è ricco un paese, più è istruito il suo popolo, tranne quando la ricchezza deriva principalmente da rendite. E più alta è la percentuale di poverissimi, maggiori sono le probabilità di successo elettorale di politici populisti che finiscono per avere effetti disastrosi. Infine, più povero è un paese, più limitate sono le risorse di cui qualunque governo democratico può disporre per difendersi dai suoi nemici.

Inoltre, la democrazia in sostanza non è altro che una guerra civile addomesticata. Per funzionare, dev'essere limitata dalle regole e sorretta dalle norme. Queste ultime includono la libertà d'espressione e il riconoscimento della legittimità degli avversari.
È vero, l'Egitto è un paese relativamente povero con una forte percentuale di popolazione analfabeta. Ma il Pil pro capite, a parità di potere d'acquisto, è quasi il doppio di quello dell'India e il 50% più alto di quello dell'Indonesia. Dati che inducono a ritenere che una democrazia non sia inconcepibile. L'Egitto ha un movimento islamista bene organizzato. Ma deve necessariamente essere anche profondamente antidemocratico? È una tesi da verificare. Ricordiamoci che anche il cattolicesimo un tempo era considerato da quasi tutti incompatibile con un governo democratico riuscito.
Pensiamo soprattutto all'aspetto positivo d'instaurare una democrazia anche semplicemente accettabile in quello che è di gran lunga il più grande dei paesi arabi. L'Occidente ha commesso innumerevoli errori, e qualcosa di più che errori, nel mondo arabo. Questa è un'opportunità per fornire quell'aiuto di cui l'Egitto avrà bisogno nel suo percorso verso un futuro democratico. Come minimo, i leader occidentali possono scoraggiare qualunque tentazione da parte delle forze armate di rinnovare il macabro ciclo di dispotismo militare, e incoraggiarle invece a difendere la democrazia contro chiunque dei nuovi soggetti politici si provi a sopprimerla.
Spero di non essere irragionevolmente ingenuo. Non credo che il trionfo della democrazia sia inevitabile, nel mondo o in Egitto. È vero che l'economia moderna crea opportunità di apertura politica, ma è vero anche che mette nelle mani dello Stato strumenti di repressione molto più potenti di un tempo. La democrazia ha fatto dei passi in avanti, è vero.
Ma la vittoria non è garantita. Mi chiedo, al contempo, se il Partito comunista cinese sia convinto che il suo antico Stato rimarrà immune. Per un certo periodo, la gente può accettare l'autocrazia come un prezzo da pagare per la stabilità e la prosperità. Ma gli esseri umani vogliono essere trattati con dignità. In Egitto, spero, non sarà l'ultima volta che ci riusciranno.
(Traduzione di Fabio Galimberti)
© FINANCIAL TIMES

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