Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 19 febbraio 2011 alle ore 15:09.
L'ultima modifica è del 19 febbraio 2011 alle ore 15:09.
Nel governo tutti invocano il rilancio delle infrastrutture: lo fa da tempo, per dovere d'ufficio, il ministro Matteoli, lo fa il premier che riprende uno dei suoi antichi cavalli di battaglia (ricordate le cartine da Vespa nel 2001?), ora lo fa anche Giulio Tremonti, che sulle infrastrutture ha sempre avuto il braccio un po' corto. Tutte buone notizie perché l'Italia ha bisogno di opere grandi e piccole per rilanciare subito la crescita, ma anche per garantire uno sviluppo duraturo di tutti i territori, a Nord e a Sud. Ora si tratta di capire che cosa il governo intenda per rilancio delle infrastrutture. Se le intenzioni sono serie, bisognerebbe evitare programmi faraonici, riforme normative dai tempi infiniti e senza effetti veri sull'economia, ulteriori meline e traccheggiamenti. Sarebbe francamente ridicolo ricominciare con la programmazione: è chiaro dal 2001 cosa bisogna fare, perché si deve dare atto a Berlusconi che il programma della legge Obiettivo ha messo tutti d'accordo (salvo qualche frangia estremista) sulle reali priorità infrastrutturali. Ancor più chiaro è oggi quali siano i dossier da approvare: basta vedere le cose ferme al Cipe o sulla scrivania del ministro dell'Economia. In questo caso, evitiamo accuratamente il mantra della «fantasia al potere». Teniamo a freno la fantasia e facciamo rapidamente quelo che tutti sanno va fatto: le cose concrete.