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Commenti e Inchieste

Il coraggio di guardare al futuro

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Questo articolo è stato pubblicato il 22 febbraio 2011 alle ore 08:57.

«Cirenaica libera!», dice per telefono da Doha un amico che lavora al palazzo dell'emiro del Qatar. Il tono è gioioso. Gli arabi incominciano a pensare a un Medio Oriente senza il detestato Gheddafi e a loro – re, monarchi, ministri e soprattutto la gente comune – la cosa sembra eccitante.

A noi non troppo. In questi giorni siamo in una condizione permanente da stato d'emergenza: per gli "emirati islamici" che certamente prenderanno il posto del governo centrale di Tripoli; per l'imminente massa d'immigrati che sbarcheranno sulle nostre coste; per l'energia che non arriverà più dalla Libia; per gli investimenti finanziari libici in Italia e quelli delle nostre imprese in Libia che corrono qualche rischio con chiaro danno per la nostra economia.
È un pessimismo comprensibile perché può accadere: oggi, in questo momento e forse per un bel po', chi potrebbe scommettere sulla stabilità della Libia senza il suo dittatore? Nonostante Mubarak, in Egitto c'era una società civile, con intellettuali, partiti, soprattutto un esercito. A Tripoli Gheddafi ha sempre governato imponendo un culto della personalità alla nordcoreana. Una parte del sistema egiziano era riformabile, il regime libico no: c'è il colonnello o le déluge.

Tuttavia, perché non provare ad essere un po' ottimisti come gli arabi, sia pure senza il loro entusiasmo? Essere ottimisti in questo caso significa guardare al futuro, non a ciò che oggi è la Libia ma a quello che sarà domani. Il paese è una specie di laboratorio possibile: l'Italia non ha molte multinazionali ma quelle che abbiamo sono praticamente tutte laggiù, in un paese dalle immense risorse e poco abitato. Alla lunga non è difficile ricostruire la stabilità necessaria perché anche i libici siano cittadini soddisfatti quanto gli investitori stranieri. L'assicurazione su cui avevamo riposto il 100% dei nostri investimenti si chiamava Gheddafi. Ma quanto può essere garanzia a lungo termine un regime che controlla milioni di barili di petrolio e lascia due terzi dei suoi abitanti con meno di due dollari al giorno?

L'accordo col dittatore ha rallentato l'invasione degli immigrati, ma non risolve il problema sociale che la provoca. Ricordiamo cosa era l'Europa e cosa eravamo noi poco più di 60 anni fa. La storia dimostra che le genti emigrano verso le democrazie e quando la democrazia ce l'hanno in casa, le opportunità di lavoro crescono e loro non se ne vanno.

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Tags Correlati: Cina | DC | Filosofia | Gheddafi | Hamas | India | Italia | Medio Oriente | Tripoli |

 

Ad essere sinceri le imprese italiane non hanno mai voluto rischiare molto nei paesi dalle garanzie opache. In una situazione diversa da quella mediorientale, all'inizio degli anni 90 Corporate Italy decise di non rischiare sull'India che iniziava le riforme economiche: era un paese democratico e caotico, diverso dalla Cina che non era democratica ma disciplinata. Al contrario di molti concorrenti europei, vent'anni dopo l'India che cresce a un tasso del 9% continua a non essere un paese strategico per noi, quanto la Cina. È stato un errore. La Libia, quello che è accaduto in alcuni paesi e quello che ancora deve accadere in altri ci propongono di riflettere sulla democrazia anche come investimento: non più rischioso di altri ma raccomandabile. Quando si esorta chi mette i soldi, a farlo sul futuro di paesi difficili ma così essenziali come la Libia, bisogna chiarire quale sia la democrazia possibile che potrà trovare. Quello che può venire fuori a Tripoli e negli altri paesi arabi, nel migliore dei casi è l'abbozzo di una democrazia: semi di tolleranza e libertà sparsi tra fondamentalismo e settarismo, dai quali nascerà, forse, qualcosa di simile ai nostri sistemi. Ma mai uguale. Come la Turchia che trent'anni fa era un paese povero a libertà limitata dai militari; e oggi è un paese ricco governato da un partito islamico di gran lunga più simile alla nostra Dc anni 50 che ad Hamas. È un modello possibile per la Libia da dove arriva oltre il 20% del nostro petrolio e potrebbe ricominciare a transitare più della metà dei clandestini? Non abbiamo garanzie. Quello che sappiamo da qualche settimana è che le assicurazioni dei satrapi prima o poi scadono.

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