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Questo articolo è stato pubblicato il 24 febbraio 2011 alle ore 08:39.
L'ultima modifica è del 24 febbraio 2011 alle ore 08:39.
Inquietano non poco le notizie che minuto dopo minuto giungono dalla Libia. La conta dei morti è impressionante: 10mila, più di 10mila, 50mila feriti su una popolazione che non raggiunge i sei milioni di abitanti. Raid aerei per sparare contro la folla dei dimostranti. Miliziani del Colonnello giustiziati sommariamente dagli oppositori sulla costa. Più di 2mila persone uccise solo a Bengasi, durante le manifestazioni anti-regime. Carri armati in strada e bombardamenti in varie città della Libia. Definire una carneficina quello che sta succedendo è quanto di più aderente alla realtà si possa immaginare. Stupisce che questa mattanza stia passando nel silenzio assordante di associazioni, organismi, enti sempre impegnati in prima fila quando bisogna, meritoriamente, difendere i diritti dei popoli oppressi in tutto il mondo. Fino ad oggi non abbiamo avuto notizia di condanne, né alte né basse, da parte di nessuno. Niente manifestazioni, nessuna bandiera della pace esposta, nessun corteo pacifista. Niente strali perché nessuno tocchi Caino. Eppure, al contrario, i manifestanti libici stanno cercando di liberarsi del Colonnello Gheddafi, uno dei dittatori più sanguinari dell'ultimo secolo. Sarà la stanchezza, sarà la rassegnazione, ma per i morti in Libia s'ode un silenzio assordante.