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Senza riforme per l'Europa c'è solo il declino

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Questo articolo è stato pubblicato il 26 febbraio 2011 alle ore 10:08.
L'ultima modifica è del 26 febbraio 2011 alle ore 09:30.

Una superpotenza mondiale o un museo all'aperto? Una nuova Europa potenza tecnologica e finanziaria o una grande Disneyland pompeiana in lenta rovina e marginalizazione? Cosa sarà l'Europa nel 2050? Una serie di megalopoli euro-asiatiche alla Blade Runner o un potente attore globale che ha ritrovato un nuovo Rinascimento culturale ed economico?
Secondo un rapporto di Citigroup firmato da Willem Buiter, capo economista della banca americana, se l'Europa non si sveglia e mette in campo riforme strutturali è destinata a un lento ma inevitabile declino.

Il rapporto si occupa del mondo in generale, sebbene i dati più significativi riguardino proprio l'economia europea che nel 1950 e nel 1970 pesava per il 28% della produzione globale, nel 1990 era scesa al 24% e oggi è al 19 per cento. Non solo. Nel 2030 il peso europeo calerà all'11% e nel 2050 a un misero 7%, meno di Africa (12%) e America Latina (8%). Un indecoroso tonfo a fondo classifica.

Nel 2050 le economie emergenti asiatiche, invece, faranno la parte del leone con il 49% di tutto il Pil globale, mentre le economie dell'Est Europa passeranno dal 4% del 1950 a un misero 2% nel 2050.

Le economie più performanti (le nuove tigri globali) saranno secondo il rapporto il Bangladesh, la Cina, l'Egitto (che si riprenderà rapidamente dalle attuali incertezze politiche), l'India, l'Indonesia, l'Iraq, la Mongolia (a sorpresa), la Nigeria, le Filippine, lo Sri Lanka e il Vietnam. Insomma non c'è nessuna "old economy" nella lista dei migliori del mondo mentre la peggiore dopo il 2015 sarà la Spagna, il cui potere di acquisto calerà sensibilmente. Male anche la tranquilla e operosa Svizzera, l'Austria, il Belgio (se sarà ancora unito), la Svezia, la Francia e infine l'Italia.

Un concetto di declino europeo ripreso quando l'autore del rapporto ricorda che nel 2010 l'Europa aveva quattro rappresentanti tra le dieci principali economie: Germania, Francia, Gran Bretagna e Italia. Nel 2020, secondo Buiter, l'autore del rapporto Citigroup, l'Italia verrà espulsa, nel 2040 toccherà alla Francia e nel 2050 sarà la volta della Germania. Solo la Gran Bretagna resterà tra le dieci maggiori economie del mondo. Francamente questa previsione ci lascia un po' scettici, ma forse a salvare gli inglesi sarà la piazza finanziaria di Londra o il fatto di avere la sterlina svalutata.

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Tags Correlati: Africa | America del Sud | Blade Runner | Cina | Confindustria | Danny Quah | Europa dell'Est | Germania | Italia | Karen Ward | Londra | Marco Polo | Sviluppo economico | Willem Buiter

 

Pessimismo esasperato? Karen Ward, economista della Hsbc, non condivide affatto per esempio tanto scetticismo ritenendo che tra le prime dieci economie del mondo nel 2050 ritroveremo ancora Berlino, Parigi e Londra. Fuori Roma, ma spesso gli stranieri sottovalutano l'Italia e non ricordano che se l'Asia cresce, le rotte atlantiche perdono importanza in favore di quelle del Mediterraneo che torna centrale.

Se, infatti, l'Asia cresce di più molte economie si ri-orienteranno velocemente verso quell'area di sviluppo per indirizzare le proprie esportazioni: la Germania l'ha già fatto, l'Italia lo sta facendo. Rotta dunque verso i Brics, Brasile, Russia, Cina e India.

Il rapporto Citygroup cita anche uno studio di Danny Quah professore della London School of Economics che ha calcolato il centro di gravità economico del mondo. Nel 1980 il centro era nell'Oceano atlantico, nel 2008 a causa dell'aumento della crescita cinese il centro, si è spostato a est di Helsinki e Bucarest. Nel 2050 il centro di gravità economico del mondo, se non ci saranno guerre in quell'area, sarà collocato tra la Cina e l'India, probabilmente sull'Himalaya.

Rotta dunque verso est, sulle orme di Marco Polo dove ci attendono nel 2015 secondo una ricerca firmata dal Centro studi di Confindustria, 201 milioni di cinesi benestanti, una classe numericamente pari a quella equivalente di Francia, Germania e Italia messe insieme.

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