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Questo articolo è stato pubblicato il 27 febbraio 2011 alle ore 08:14.
Quella di Tunisi è stata la "Rivoluzione di WikiLeaks", quella egiziana la "Rivoluzione Facebook". WikiLeaks ha permesso ai tunisini di conoscere il contenuto di un dispaccio in cui l'ambasciatore Usa rivelava l'incredibile livello di corruzione del dittatore e della sua famiglia. In Egitto sono stati i giovani, stanchi di Mubarak e del suo regime, a incontrarsi e organizzarsi attraverso internet. Facebook e Twitter hanno reso finalmente possibile il coinvolgimento del popolo e il suo riversarsi per le strade. Il resto è storia.
In realtà non è andata proprio così. Questa non è stata né è storia. Non c'è dubbio che i social network o le notizie filtrate attraverso WikiLeaks hanno qualcosa a che fare con le insurrezioni popolari. Qualcosa. Ma questa visione non ci spiega ad esempio il perché la Libia, un paese con una bassissima diffusione di internet, o lo Yemen, con percentuali di utilizzo ancora più ridotte, siano stati i paesi più scossi dalle rivolte.
Una delle sorprese delle proteste di piazza in Egitto è stata la loro diversità sociale, religiosa, generazionale e regionale. E nonostante in Egitto vi siano in proporzione più utenti internet che nel resto della regione, si può supporre che una notevole percentuale di coloro che hanno partecipato alle proteste non ha un profilo su Facebook né utilizza Twitter per comunicare; e con molta probabilità neppure utilizza internet abitualmente.
È evidente che, una volta emerso un gruppo di leader che si organizza grazie a internet e che riesce a mobilitare un alto numero di sostenitori, a questi si uniscono molti altri, informati attraverso canali diversi da internet, che condividono le stesse esigenze e desideri di cambiamento. Il concetto chiave è il fatto «che condividono le stesse esigenze e desideri di cambiamento». La motivazione per riversarsi nelle strade risiede in questa frustrazione generalizzata, prodotto di decenni di cattive politiche economiche, combinate con frequente corruzione, disuguaglianza crescente e disillusione diffusa. E vedere in tv che in altri paesi queste azioni portano a un risultato e che il popolo uscito per strada riesce ad abbattere un tiranno diventa una potente fonte di mobilitazione. Da questo punto di vista, i canali di news via satellite in lingua araba diffusi hanno giocato un ruolo molto più importante dello stesso internet.