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Questo articolo è stato pubblicato il 29 giugno 2011 alle ore 08:10.
L'ultima modifica è del 29 giugno 2011 alle ore 08:12.

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Angelo Scola, il conservatore aperto al dialogoAngelo Scola, il conservatore aperto al dialogo

È una nomina ricca di significati quella del cardinale Angelo Scola ad arcivescovo di Milano. Una scelta pastorale forte, visto il carisma del porporato, la sua visibilità internazionale, la fama di teologo, la discreta ma costante inclusione del suo nome tra i cardinali "papabili". È una designazione che peserà sugli equilibri della Chiesa italiana, e non solo. Soprattutto è il frutto di una scelta di Benedetto XVI, che ha consultato tutti e imposto alla Curia di seguire le procedure canoniche. Ma poi ha deciso da solo.

Lasciare Venezia per Milano è una crescita nella gerarchia, ma Scola perderà il titolo di patriarca - superiore ad arcivescovo - e abbandonerà la cattedra di San Marco, che nel Novecento ha dato tre papi alla Chiesa, mentre quella di Ambrogio solo due. Statistiche che nulla dicono di quanto Milano sia importante ora per la cattolicità italiana. Scola viene da Comunione e liberazione. È a causa della sua vicinanza al movimento di don Giussani che fu allontanato dal seminario della sua Lombardia, tanto da diventare prete in Abruzzo.

La Curia milanese non ha mai amato Cl e il suo arrivo ha messo in allarme la progressista Chiesa ambrosiana di Carlo Maria Martini e Dionigi Tettamanzi, che teme (e talvolta denuncia) l'arrivo di una specie di restaurazione conservatrice. «Chi pensa questo non conosce Scola e quello che ha fatto - afferma un monsignore di Curia -, non avrà per Cl riguardi, la tratterà come ogni istanza nella diocesi».

Anzi, forse cercherà di trattarla come fa il bravo professore quando gli capita in classe un nipote. È vecchio amico di Roberto Formigoni, e questo faciliterà i rapporti. Anche il governatore saprà gestire con equilibrio la relazione tra Curia e Regione, specie nei campi dove forti sono le interazioni, come la sanità. Al contrario per il rapporto con il sindaco Giuliano Pisapia ci sono le premesse per un asse di ferro. A parte il fatto che il sindaco è stato eletto grazie al massiccio voto cattolico, Scola è attrezzato al dialogo con chi non professa pubblicamente assoluta obbedienza. A Venezia il suo rapporto con Massimo Cacciari è stato uno degli elementi che hanno contraddistinto il patriarcato. C'è il nodo della Lega, che aveva messo nel mirino il cardinale Tettamanzi, tanto da definirlo "imam" per la sua difesa degli immigrati e dei diritti dei musulmani di professare la fede. Chi si aspetta diversa attenzione da parte di Scola sarà deluso: è stato il patriarca a inaugurare con la fondazione Oasis un dialogo culturale con l'Islam.

Casomai la parte più complessa dell'agenda sarà su questioni interne alla Chiesa meneghina. Vicende che riguardano il piano di accorpamento di parrocchie, oltre 1.100, in comunità pastorali per il calo dei preti. C'è da risolvere il nodo del nuovo lezionario della messa di rito ambrosiano (unico al mondo). Scola dovrà occuparsi dell'istituto Toniolo, la cassaforte che controlla l'Università Cattolica presieduta da Tettamanzi. In passato erano affiorate notizie sulla volontà della Segreteria di Stato di arrivare a un cambio alla guida dell'ente, ma ogni iniziativa fu congelata. Milano è anche laboratorio di sfide, come accaduto domenica quando, mentre Tettamanzi beatificata tre milanesi, nella Chiesa valdese si celebrava un matrimonio gay. Come la pensa la Chiesa sul tema è noto, ma sarà demandato all'equilibrio del nuovo presule gestire i riflessi sociali e politici, specie con Pisapia.

Il suo programma? In due battute: «Mi impegno a svolgere questo servizio favorendo la pluriformità nell'unità. Sono consapevole dell'importanza della Chiesa ambrosiana per gli sviluppi dell'ecumenismo e del dialogo interreligioso».
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