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Questo articolo è stato pubblicato il 25 febbraio 2012 alle ore 09:59.
L'ultima modifica è del 25 febbraio 2012 alle ore 08:15.

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È apprezzabile constatare che tre ministri del calibro di Corrado Passera, Lorenzo Ornaghi e Francesco Profumo riconoscano il valore della cultura e denuncino quanto il nostro sistema universitario sia degradato lungo i rivoli di una licealizzazione territoriale. Da qui si deve ripartire con una politica nuova che non si distragga dai veri problemi.

È necessario che le istituzioni culturali del Paese (tra l'altro il Comune di Milano si occupa del Teatro alla Scala), talvolta attardate su schemi antiquati e polverosi, si diano una mossa decisa e la smettano di mugugnare come se rispetto alla pubblica amministrazione si fosse in attesa di una perenne manna dal cielo.

È importante che i ministri riaffermino che lo Stato deve fare la sua parte. Ma il Governo, nella allocazione delle risorse, deve porre nuova attenzione al mondo della cultura, superando lo schema dei tagli lineari del precedente esecutivo, perché essa rappresenta la vera miniera di materie prime per il nostro Paese.
Si riconosca finalmente che in termini macroeconomici il settore della cultura costa molto poco rispetto ad altri comparti in cui la spesa pubblica registra enormi sprechi e inefficienze.
Una generazione politica che lasciasse inaridire i pozzi scaricando su quelle future i costi per riattivarli – costi non solo economici perché quello che si distrugge in tempi rapidi richiederà un arco lunghissimo per raggiungere i livelli degli altri paesi che sulla cultura investono ampiamente e con regolarità – non sarebbe coerente con il nuovo vento politico che sta attraversando l'Italia.
Il fattore tempo, oggi, è decisivo. Inoltre l'oblio determinerebbe l'estinzione. Non si può perdere il contatto con i primi. Recuperare sarebbe impossibile.

È importante che la nuova politica che ha aperto così ampie prospettive nel suo rinnovamento ponga attenzione ad una nuova valorizzazione della grande cultura nazionale.
Tutto questo a condizione che ciascuno faccia la sua parte: nobili ed illustri istituzioni culturali devono realizzare che non si può più vivere come se si fosse in regime di protezione civile, elemosinando contributi o pretendendoli con qualche presunzione intellettuale, senza il dovere di rendicontare.
Il sostegno dello Stato bisogna meritarselo e guadagnarselo sul campo con una nuova cultura della gestione, applicando nuovi e trasparenti modelli di rendicontazione, tenendo conto della meritocrazia e aprendo quelle porte strette che impediscono ai giovani preparati di raggiungere quelle posizioni che negli altri paesi sono alla loro portata.
Rispettare e coltivare la cultura del popolo italiano, che è molto meglio di quella che ci vogliono imporre i palinsesti televisivi, e soprattutto ripulire la pubblica amministrazione dalle cricche che hanno tentacoli anche nella alta burocrazia si può.

Lo Stato e gli enti locali non possono pagare a piè di lista e elargire contributi a pioggia, senza il filtro di una verifica culturale adeguata. Anche il trash ha il suo pubblico. Ma si deve poter distinguere e impedire che il primo "grande fratello" che passa ci catturi.
Bruno Tabacci è deputato al Parlamento e assessore al Bilancio del Comune di Milano

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