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Questo articolo è stato pubblicato il 03 marzo 2012 alle ore 12:09.
L'ultima modifica è del 03 marzo 2012 alle ore 12:10.

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Nel campo della produzione culturale, storicamente, Firenze ha dato il meglio di sé grazie al rapporto pubblico-privato, addirittura con la sovrapposizione dei ruoli nella felice (da questo punto di vista) stagione segnata dal potere della famiglia Medici, nei secoli XV e XVI. Oggi la città prova a giocare la stessa carta, ovviamente in chiave moderna, attraverso esperienze a contributo misto, pubblico-privato appunto, come nel caso della giovane Fondazione Florens (nata nel 2010 su iniziativa di Giovanni Gentile, organizza la Biennale della cultura e del paesaggio) e soprattutto come sta facendo dal 2007 la Fondazione Palazzo Strozzi presieduta da Lorenzo Bini Smaghi, nel settore caso unico in Italia di governance che separa la gestione dell'attività dagli "azionisti", cioè le istituzioni e i privati che mettono le risorse.

«La cultura ha bisogno di più autonomia e la nostra esperienza dimostra che è possibile combinare indipendenza e rendicontazione dell'operato», dice Bini Smaghi. Con un direttore generale, James Bradburne, selezionato attraverso una gara internazionale, la Fondazione fiorentina chiude in positivo un bilancio da 7 milioni all'anno, in parte (2,4 milioni) garantiti dai soci pubblici (Comune, Provincia, Camera di commercio), il resto diviso tra il fronte dei privati (Banca Cr Firenze; Associazione partner di Palazzo Strozzi guidata da Leonardo Ferragamo, con oltre 40 soci; e sponsor delle singole manifestazioni, Regione compresa), la vendita dei biglietti (quasi 300mila quelli staccati nel 2011) e i proventi delle attività commerciali (bar, bookshop, merchandising).

L'equilibrio finanziario, rafforzato dalle tre voci di entrata quantitativamente simili, è indubbiamente un successo. Ma le vere sfide vinte, non scontate all'inizio, sono due. La prima è stata l'apertura al pubblico di Palazzo Strozzi: in pochi anni, l'edificio rinascimentale è diventato un centro di aggregazione, con 1,2 milioni di visitatori nel 2011. A far da traino sono state le mostre (dal 3 marzo al 15 luglio prossimi è in programma "Americani a Firenze. Sargent e gli impressionisti del Nuovo Mondo". In autunno aprirà "Anni Trenta: Le arti in Italia durante il fascismo"), così come le esposizioni contemporanee della Strozzina (nei sotterranei del Palazzo), le installazioni gratuite del cortile e gli spazi commerciali.
«Strozzi è un volano per l'economia della città, a riprova che con la cultura si mangia», commenta Bini Smaghi. Per la città, l'anno scorso l'indotto diretto è stato di 30 milioni, con una leva di oltre dieci volte rispetto all'investimento delle istituzioni. «Evidentemente anche in Italia si può far bene, quando i politici e le imprese coinvolti a livello finanziario non intralciano la gestione», aggiunge il presidente della Fondazione.

Il secondo obiettivo strategico raggiunto è il rilancio dell'immagine di Firenze nel mondo. In base a uno studio di Boston consulting, le manifestazioni di Palazzo Strozzi sono al vertice come ritorno sui media di fascia alta in campo internazionale. «È merito del contenuto delle nostre mostre, ma soprattutto del modo innovativo in cui le realizziamo», fa notare Bradburne. «Abbiamo spinto l'immagine della città collegandola alla produzione culturale di qualità», dice Bini Smaghi.
La nuova primavera del rapporto pubblico-privati convince anche il sindaco Matteo Renzi, che ha la delega alla cultura e che di una rinascita di Firenze sull'onda della collaborazione tra politica e imprese ha fatto uno dei suoi cavalli di battaglia: dall'illuminazione cittadina "affidata" alle aziende, al ripristino del decoro urbano con fondi privati. Nei giorni scorsi ha perfino proposto la ripavimentazione in cotto di Piazza della Signoria (com'era nel Rinascimento). A patto di trovare uno sponsor finanziario, naturalmente.

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