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Questo articolo è stato pubblicato il 03 marzo 2012 alle ore 11:57.
L'ultima modifica è del 03 marzo 2012 alle ore 11:58.

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La Spagna intera, e la Catalogna in particolare, vive già da tre anni un periodo di grave crisi economica. E le stime per quest'anno sono ancor più buie rispetto al previsto. Il Governo centrale ha annunciato per la regione catalana un deficit del 3,7% per il 2012: due punti e mezzo percentuali al di sopra delle previsioni.
Ciò nonostante, il marchio Barcellona continua ad attirare investimenti e progetti. E il settore della cultura, in tutte le sue declinazioni possibili, rimane uno dei più forti e potenziati dalle istituzioni. Sul versante musicale, per esempio, spiccano alcune decine di festival internazionali che ogni anno attirano centinaia di migliaia di turisti, come il Sonar (il più grande festival di musica techno del mondo), il Primavera Sound (uno dei più amati dal pubblico rock e indie) o il Voll-Damm Jazz Festival, cui partecipano il comune e il più importante produttore di birra della città.

Per comprendere come la capitale catalana vive e cerca di superare la dicotomia tra crisi e potenziamento culturale basta guardare quel che è successo qualche giorno fa nelle sue strade. Gli studenti delle università invadevano le piazze e occupavano le aule contro i tagli all'istruzione pubblica, mentre nella nuova cattedrale della Barcellona moderna (la Fiera) si teneva uno degli appuntamenti più importanti per l'economia della città: il World Mobile Congress. Fino al 2018 Barcellona sarà la capitale mondiale della telefonia mobile e quindi il punto nevralgico di uno dei bacini di turismo più sollecitati: quello dei congressi e del business. Un affare e una boccata d'ossigeno importante, visto che quest'anno, in soli quattro giorni, il Wmc ha portato nella capitale catalana più di 67mila persone provenienti da 205 Paesi e dato un impatto economico sulla città di più di 300 milioni di euro.
Gli investimenti in ricerca, sperimentazione, alta tecnologia e cultura poggiano principalmente sulle spalle delle più grandi aziende locali, quasi tutte rappresentate nell'ente Fira de Barcelona, ma godono anche di un appoggio cruciale delle istituzioni. Il Comune e il Governo autonomo (la Generalitat) hanno sempre avuto un occhio di riguardo nei confronti della produzione culturale, coscienti del fatto che buona parte del favore di cui gode la città all'estero deriva dal suo appeal di urbe giovane e culturalmente attiva.

Dopo il successo della "rivoluzione olimpionica", che proprio quest'anno compie vent'anni, si è cercato più volte di ripetere la giocata, puntando su mostre, esposizioni e grandi eventi per rilanciare l'economia. Un esempio è il Fòrum de les Cultures, il macro-evento che si era inventato il sindaco Joan Clos nel 2004 e che quest'anno sbarcherà a Napoli. Oltre a portare milioni di turisti, il Fòrum ha consentito la ricostruzione di un intero quartiere fino a quel momento abbandonato, per trasformarlo nel cuore dell'innovazione e dell'hi-tech della regione: nel distretto 22@ dal 2000 a oggi hanno trovato lavoro più di 56.000 persone. E proprio giovedì scorso il Comune ha firmato un accordo con la multinazionale Cisco System per far di Barcellona il laboratorio mondiale della Smart City, attraverso lo sviluppo e la sperimentazione di nuove soluzioni tecnologiche per la prossima generazione di servizi urbani sostenibili.
Ma se la cultura può essere intesa in senso ampio, come dimostra il Fòrum del 2004 e la Smart economy del 2012, come dimenticarsi di uno dei principali responsabili dell'impatto internazionale della marca Barcellona? Il Barça Fútbol Club, con il suo gioco "bonito" e i valori anche etici di cui si è fatto ambasciatore, rappresenta forse meglio di qualsiasi altro un buon esempio di sinergia tra pubblico e privato (con quasi 180mila soci in tutto il pianeta). Un Club che, come recita il suo motto, è molto più che una società sportiva e che, secondo uno studio sulla Reputazione Corporativa in Spagna del 2009, porterebbe alla città una cifra prossima all'1% del suo Pil.

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