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Questo articolo è stato pubblicato il 07 marzo 2013 alle ore 08:37.

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E il terzo giorno scoppiò il caso. Le notizie sull'andamento dei lavori delle Congregazioni generali dentro l'Aula Nuova del Sinodo e l'approccio molto aperto (anche se più formale che sostanziale) dei cardinali americani verso i media hanno portato ad una crisi dentro il Sacro Collegio, che ancora non ha fissato la data di inizio del Conclave (la decisione è attesa per oggi).

I fatti. Sin da lunedì scorso i cardinali Usa, in tutto undici, hanno deciso di tenere dei briefing quotidiani con la stampa, a gruppi di due cardinali alla volta, nell'aula magna dell'enorme North American College, il campus dei preti americani appoggiato sulle pendici del Gianicolo. I porporati Usa non hanno mai dato notizie puntuali, ma hanno certo fornito il proprio orientamento, specie sulla data di inizio del Conclave - che hanno chiesto che non fosse fissata con troppa fretta - oltre a sollecitare chiarezza sui Vatileaks. Questo atteggiamento ha fatto da contraltare ad una riservatezza, perlomento in pubblico, degli altri porporati, e quindi giocoforza ha dettato l'agenda del Conclave su giornali e tv. Inoltre questi briefing si sono svolti sempre immediatamente dopo quelli in sala stampa di padre Federico Lombardi, che avevano e hanno i crismi dell'unica ufficialità.

Oggi il caso: l'odierna conferenza stampa (dove era previsto il "papabile" Dolan di New York, che poi in mattinata era stato cambiato con il meno impegnativo McCarrick) è stata annullata all'ultimo momento e spiegata con due comunicati dalla portavoce, sister Mary Ann Walsh, con una giustificazione grave: «Preoccupazione è stata espressa nella Congregazione Generale per le fughe di notizie riportate sui giornali italiani. Per precauzione, i cardinali hanno deciso di non fare interviste». Padre Lombardi ha spiegato che «la tradizione del Conclave e del cammino che porta verso lo stesso è una tradizione di riservatezza», facendo notare che questo comportamento è «garanzia di libertà».
In sostanza è accaduto che dentro la riunione pleanaria c'è stata tensione sul tema delle notizie, in due sensi. Da un parte verso i cardinali italiani - e comunque di Curia - di fatto additati come "fornitori" di notizie, anche se non è detto affatto che le fonti dei media italiani debbano essere della stessa nazionalità. Dall'altra è cresciuta l'insofferenza verso gli americani, che oltre a rilasciare da giorni e giorni interviste e dichiarazioni stanno soprattutto premendo su vari dossier, dalla data del Conclave alla riforma della Curia, fino a voler sapere cosa c'è dentro il dossier sui Vatileaks.

In ogni caso dentro l'aula è intervenuto con decisione il camerlengo Tarcisio Bertone, che ha richiamato con decisione i confratelli alla riservatezza. E così gli americani hanno fatto scoppiare il caso.Incalzato dai giornalisti sul caso, Lombardi risponde senza lasciare spazi a equivoci: «Io non ho da dare indicazioni ai cardinali sul modo in cui debbono comportarsi, anche con la stampa. Nel Collegio, in cui sono corresponsabili insieme, devono trovare loro il modo in cui guidare il cammino e quindi non mi stupisce che ci siano stadi successivi. Prima una condizione di apertura, comunicazione, condivisione e poi dopo, man mano sentendo anche la sensibilità e i desideri del Collegio nel suo insieme, si mette a punto il modo di comunicare». E all'incalzare dei giornalisti taglia corto: «Queste domande fatele ai cardinali americani». Oggi si torna a due riunioni al giorno, e i due cardinali elettori sul totale dei 115 attesi che mancano all'appello sono finalmente in arrivo: ieri sera il polacco Nycz e oggi in giornata il vietnamita Pham Minh Man. La decisione sulla data dunque è in arrivo (l'11 marzo è sempre il giorno su cui scomettono dentro le mura) ma le discussioni sui dossier più scottanti ora si preannunciano sempre più accese.

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