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Questo articolo è stato pubblicato il 03 luglio 2014 alle ore 08:23.
L'ultima modifica è del 03 luglio 2014 alle ore 08:41.
Mohamed e Farid Bedjaoui. Zio e nipote. Oltre al cognome, in comune hanno la nazionalità algerina e la propensione per il jetset internazionale. Ma ora anche possibili guai giudiziari. Entrambi i loro nomi sono infatti emersi nel corso di indagini su pagamenti sospetti fatti da multinazionali estere per operare in Algeria.
Lo zio, Mohamed Bedjaoui, dopo aver fatto il ministro della Giustizia algerino negli anni 60 è stato ambasciatore Parigi e a New York presso le Nazioni Unite e poi, per vent'anni, giudice e presidente della Corte internazionale di giustizia, il tribunale dell'Onu. Nel 2002 è tornato ad Algeri prima in veste di presidente della Corte Suprema locale e poi di ministro degli Esteri (carica che ha mantenuto dal 2005 al 2007). Nei media algerini si parla di lui con riferimento a una vicenda di pagamenti sospetti relativi alla costruzione della cosiddetta Autoroute Est-Ouest, un'autostrada realizzata dal gruppo cinese Citic-Crcc con il supporto della società d'ingegneria canadese Snc-Lavalin.
Il nipote, Farid Bedjaoui, ha sposato la figlia dell'ex ministro della Difesa libanese Mohsen Dalloul e assieme al cognato Ziad ha fondato Rayan Asset Management, una delle maggiori società di consulenza finanziaria di Dubai.
In base agli esiti di un'indagine condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Milano, il pm Fabio De Pasquale ritiene che Farid Bedjaoui abbia ricevuto 200 milioni di euro dalla Saipem, la società ingegneristica del gruppo Eni, per cosiddetti servizi di intermediazione in Algeria. Ma quei 200 milioni incassati da Pearl Partners Ltd, società di facciata registrata a Hong Kong con succursale negli Emirati e nessuna attività in Algeria, sono solo una parte minima di impressionanti flussi di denaro gestiti da Farid e provenienti da tre continenti. Al Sole 24 Ore risulta che a propria disposizione abbia avuto decine di conti bancari in Svizzera, Lussemburgo, Libano, Singapore, Honk Kong ed Emirati Arabi e dozzine di veicoli societari registrati oltre che in quei Paesi anche a Panama e nel Delaware, lo stato americano che per mancanza di trasparenza societaria è ritenuto una sorta di sponda offshore in territorio statunitense.
In un altro stato americano, quello di New York - e per la precisione proprio nella Grande Mela - Il Sole 24 Ore ha appurato che da uno dei contenitori nei quali Farid Bedjaoui ha "shakerato" anche il denaro pagato dalle multinazionali è partito un bonifico di oltre 20 milioni di dollari usati per l'acquisto di una proprietà immobiliare di grande prestigio a Manhattan.
Tra le multinazionali che secondo le indagini condotte sia in Svizzera che in Canada avrebbero versato somme di denaro sospette a società gestite da Farid Bedjaoui o su conti bancari di cui costui appare beneficiario, oltre alla Saipem, c'è anche la Snc-Lavalin, la società d'ingegneria canadese che negli ultimi anni ha ottenuto appalti in Algeria per oltre 6 miliardi di dollari. Uno di questi appalti ha riguardato 169 chilometri, 120 ponti, 40 viadotti e cinque chilometri di gallerie dell'Autoroute Est-Ouest, oggetto di un'altra inchiesta per un'ipotesi di corruzione. E in quell'inchiesta è emerso il nome dello zio di Farid, Mohamed Bedjaoui.
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