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Questo articolo è stato pubblicato il 13 agosto 2014 alle ore 06:38.

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Pensare all'agosto del 1914 dovrebbe servire a ricordarci che le grandi catastrofi possono materializzarsi gradualmente. I leader possono essere "sonnambuli" che non riescono a gestire i rischi, per esempio perché non provvedono a creare istituzioni in grado di incanalare gli interessi e le rivendicazioni che alimentano i conflitti internazionali. Questo sonnambulismo delle autorità è all'origine anche del tracollo finanziario del 2008. Le sue conseguenze non sono state così letali, ma gli effetti politici - disoccupazione di massa e forte percezione di insicurezza economica - sono ancora tra noi.
Tutti questi esempi dovrebbero stimolare il mondo a trovare delle strade per agire in modo collaborativo, ma sembra invece che stia succedendo il contrario. Le Nazioni Unite appaiono più paralizzate che mai. Il Congresso degli Stati Uniti non ha ancora approvato il pacchetto di riforme dell'Fmi concordato nel 2010, e questa mancata ratifica sta indebolendo una delle più importanti istituzioni internazionali. L'ostracismo statunitense verso gli aumenti di capitale e le riforme della governance delle istituzioni finanziarie globali è una delle ragioni che hanno spinto i Paesi del Brics (Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica) a lanciare una loro banca per lo sviluppo, che avrà sede a Shanghai.
Anche l'Unione Europea, invece di offrire un esempio edificante di collaborazione sovranazionale e condivisione di sovranità per il XXI secolo, rimane impantanata in controversie piuttosto meschine. Mentre da un lato non riesce a raggiungere un accordo completo sulla struttura della sua unione bancaria, dall'altro consente al primo ministro ungherese Viktor Orbán di denigrare i valori democratici e liberali su cui l'Unione è fondata.
La via d'uscita non può essere un ritorno al passato, con i suoi Stati-nazione in conflitto fra di loro. Solo una collaborazione stretta fra tutti coloro che credono nella democrazia liberale e nello Stato di diritto, senza doppiopesismi o scuse, e il paziente rafforzamento delle istituzioni internazionali che incarnano questi valori e possono tradurli in pratica potranno garantire il futuro.
Ogni volta che una potenza globale o regionale agisce in un modo che contraddice questi valori, o stringe un'alleanza forte con chi li contraddice, sta minando alla base l'ordine internazionale, che dovrebbe garantire sicurezza e incrementare la prosperità (e che lo fa, in una certa misura). L'economia globale ha grandi potenzialità, ma queste potenzialità possono realizzarsi solo in un sistema internazionale basato su regole, consenso, rispetto e un sentimento di giustizia comune.
Il fatto che né il caos del Medio Oriente né la crisi ucraina sembrino turbare i mercati finanziari non dovrebbe farci cullare nell'autocompiacimento. La memoria dell'agosto 1914 dovrebbe ricordarci quanto sia facile precipitare nella catastrofe. Come l'esempio dei cambiamenti climatici ci insegna (o dovrebbe insegnarci), i grandi rischi vanno tenuti sotto controllo, anche quando le probabilità che lo scenario peggiore possa concretizzarsi sono basse.
(Traduzione di Fabio Galimberti)
© PROJECT SYNDICATE, 2014
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