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Questo articolo è stato pubblicato il 17 agosto 2014 alle ore 14:26.
L'ultima modifica è del 17 agosto 2014 alle ore 15:14.

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Ridurre la spesa pubblica di 16 miliardi, come si legge, produrrebbe una recessione ancora più grave non compensata neanche da una ripresa internazionale e quindi delle nostre esportazioni. I governi degli ultimi 20 anni hanno posto l'attenzione sul numeratore tralasciando il denominatore nel rapporto deficit/Pil. È tempo di invertire la cura.

Altra cosa, invece, sarebbe un riposizionamento di alcune spese trasferendole da parte corrente a quella in conto capitale fermo restando la quantità complessiva della spesa pubblica. Questa trasposizione di spesa corrente in spesa "produttiva" non si fa nello spazio di un mattino e ciò impone misure di emergenza per evitare guasti maggiori.
Il futuro per Italia ed Europa è una nuova politica dell'offerta che richiede 3-5 anni di tempo che va riempito con una forte politica di domanda interna e da una shockante riduzione del debito pubblico. La sua immediata riduzione farebbe calare ancora di più lo spread e libererebbe risorse utili a rilanciare la domanda interna di cui l'Italia ha bisogno nel breve periodo. Come si fa ad aggredire il debito pubblico riducendolo di colpo di almeno 8-10 punti di Pil? Può sembrare una catalanata ciò che diciamo ma i soldi necessari possono essere ritrovati solo dove ci sono e cioè in quell'area del 10% di italiani che detiene il 45/50% della ricchezza nazionale che va da 4.500 a 5mila miliardi. Queste risorse non vanno prese con la forza del fisco o con una patrimoniale perché avremmo un input recessivo molto più forte dello stesso taglio della spesa pubblica.
La soluzione possibile è un'offensiva di persuasione verso la ricchezza nazionale spiegando che salvando il Paese la ricchezza salva anche se stessa ma aggiungendo come premio incentivante una sorta di pace fiscale per almeno quattro anni. Ciò significa fare un concordato preventivo (strumento presente in molti ordinamenti tributari) per cui i cittadini che dovessero dare un contributo a fondo perduto allo Stato e per esso alla Banca d'Italia in una forchetta che va da 30mila a 5 milioni di euro a seconda del reddito o del fatturato non avranno accertamenti fiscali per 4 anni a condizione che il loro reddito o fatturato aumenti di 1,5% ogni anno. Da stime costruite sulla base dei comportamenti dei contribuenti italiani avremmo l'adesione di un 40% delle partite Iva con un gettito medio di 60mila euro per un totale minimo di 120 miliardi che potrebbe essere versato in due annualità. Senza considerare l'aumento della base imponibile per il montante della crescita del reddito o del fatturato necessario per avere il premio della pace fiscale. Questa operazione con il suo doppio effetto libererebbe oltre 10 miliardi su base annua e per la prima volta si invertirebbe la direzione di marcia del debito pubblico. Dieci miliardi annui sono una cifra importante ma insufficiente ad attivare una crescita di oltre il 2% di cui abbiamo bisogno.

Risorse aggiuntive per un piano quadriennale di sviluppo al termine del quale il maggiore gettito di una crescita superiore al 2% compenserebbe il venir meno di operazioni a carattere straordinarie potrebbero derivare: a) un vincolo di portafoglio ai fondi pensioni pubblici e privati e alle casse previdenziali pubbliche e private per almeno 10 miliardi in ragione d'anno per 4 anni per acquistare immobili pubblici utilizzati dalla Pa con un rendimento del 4,5% messo a carico del ricavato per non appesantire i conti pubblici, per cui i 40 miliardi di ricavi si ridurrebbero a 33 mld di finanza fresca utilizzabili dallo Stato per il suo progetto quadriennale di sviluppo; b) uso dei fondi Ue senza obbligo del cofinanziamento per i primi 4 anni tanto da avere la possibilità di spendere 40 miliardi senza pesare sui conti pubblici e indicando un solo ente attuatore che dovrebbe spendere presto e bene secondo le indicazioni della conferenza Stato-Regioni. Questo ente potrebbe essere Invitalia e potrebbe giovarsi anche delle risorse Bei; c) chiamare tutti i grandi concessionari pubblici e le società a controllo pubblico perché investano per 4 anni almeno 500 milioni in più rispetto alla media degli ultimi 5 consentendo di realizzarli in house per la rapidità necessaria. Tirando la riga lo Stato avrebbe almeno trenta miliardi all'anno per 4 anni di risorse fresche che non graverebbero sui conti pubblici per attivare quella politica della domanda funzionale ad una nuova politica dell'offerta dirottando queste risorse su: 1) riduzione della pressione fiscale su imprese e famiglie; 2) ammortamento rapido in tre anni di tutti gli investimenti in ricerca e innovazione; 3) investimenti su infrastrutture rapidamente cantierabili e con effetti positivi sulla politica dei fattori (energia, tlc, trasporto su ferro e su gomma, infrastrutturazione); 3) deducibilità parziale degli utili non distribuiti e portati ad aumento di capitale per patrimonializzare le imprese privilegiando le Pmi; 5) sperimentazione di una politica del lavoro attraverso la quale si liberalizza ogni assunzione qualsiasi sia il datore di lavoro con esenzione fiscale e contributiva per i primi mille euro per due anni con la garanzia dello Stato a coprire contributivamente questo biennio al momento dell'andata in pensione del lavoratore. A questi provvedimenti potranno esserne aggiunti altri ma solo con questi interventi avremmo una massa spendibile da parte dello Stato di oltre 110 miliardi in 4 anni. In tal modo l'Italia abbatterebbe significativamente il debito pubblico e dopo il secondo anno del piano quadriennale avrebbe una crescita del 2% orientando una nuova politica industriale in una altrettanto nuova politica dell'offerta con l'aggiunta di una sperimentazione biennale per una rapida occupazione di massa dopo la quale tutti potranno avere gli elementi per una diversa disciplina del mercato del lavoro avendo visto sul campo gli effetti di una liberalizzazione accettabile solo in un tempo di guerra come quello che l'Italia vive.

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