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Questo articolo è stato pubblicato il 23 settembre 2014 alle ore 06:46.
L'ultima modifica è del 23 settembre 2014 alle ore 07:17.

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In questi giorni il segretario generale dell'Onu, Ban Ki-Moon, presiede al Summit sul clima a New York. L'urgenza di ridurre le emissioni di CO2 per evitare disastri climatici sarà ribadita e la possibilità di farlo nel quadro di una «crescita verde» sarà sottolineata. E in effetti i successi dei prodotti verdi su molti mercati sono impressionanti.
In Italia, il consumo di alimentari biologici dall'anno scorso è aumentato del 17,3 per cento, mentre nello stesso periodo il consumo di prodotti alimentari non è cresciuto affatto, si è anzi ridotto dell'1,1 per cento. A livello globale, la domanda per moduli fotovoltaici nel 2013 è aumentato del 20 per cento mentre la domanda per l'energia solo dello 0,6 per cento. Allo stesso tempo, grandi compagnie multinazionali fanno sforzi notevoli per diventare più verdi: l'IBM per esempio nel 2013 ha ridotto le sue emissioni di gas serra dell'11 per cento.
Negli ultimi anni organizzazioni internazionali come la Banca mondiale o l'OCSE hanno proposto la crescita verde come strategia globale. Molti governi hanno pubblicato piani nazionali di crescita verde e, proprio in questi giorni, la Commissione globale per economia e clima ha pubblicato un rapporto che insiste sulla necessità e possibilità di tale crescita.

Ma è inutile farsi illusioni: il G-20 ha appena lanciato l'allarme sulla crescita mondiale insufficiente e per di più vulnerabile. L'Europa sta imboccando la strada della stagnazione economica e così facendo rischia di innescare la fine del progetto europeo. Questo progetto ha fatto dell'Europa l'unica grande area economica dove negli ultimi decenni vi è stata una vera convergenza delle economie regionali e la crescita economica era abbinata all'aumento del tempo libero e all'approfondimento di uno spirito di tolleranza e pluralismo.
Altre nazioni hanno avuto successi di altro tipo e continuano ad averli riprendendosi dalla scossa della crisi finanziaria globale. In Europa invece stiamo disfacendo in pochi anni quel che è stato costruito in decenni.
La questione di come tradurre i successi di prodotti e tecnologie verdi in una crescita verde dell'economia complessiva sta diventando inquietante. Se la Cina non trova una sua risposta a questo interrogativo i problemi ambientali a livello globale diventeranno davvero disastrosi. E se in Europa non troviamo una nostra risposta l'Europa sarà soltanto l'ombra di se stessa. Ma l'Europa è paralizzata e senza idee nuove lo rimarrà.

Per fortuna c'è chi lavora su tali idee. Mi riferisco a ricerche sui sistemi complessi e, tra questi, soprattuto sui sistemi globali. Proprio adesso, dal 22 al 26 settembre, all'Istituto di Alti Studi di Lucca, gli specialisti in materia si riuniscono al Congresso Europeo di Ricerca sui Sistemi Complessi. Tra i più in vista non pochi sono italiani, alcuni attivi in Italia come Guido Caldarelli, altri all'estero come Stefano Battiston in Svizzera o Alessandro Vespignani in America. La questione di come sviluppi parziali, quali le dinamiche degli alimenti biologici o delle energie rinnovabili, possano tradursi in dinamiche globali, quali la crescita verde, è una delle tematiche privilegiate del convegno di Lucca.

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