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Questo articolo è stato pubblicato il 29 settembre 2014 alle ore 07:35.
L'ultima modifica è del 29 settembre 2014 alle ore 08:09.

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Finché legge non ci tuteli. L'Italia delle questioni amorose sembra proprio non trovar pace. Se, da un lato, gli sposi infelici sospirano ansiosi all'annuncio dell'abbreviamento dei tempi del divorzio, dall'altro le coppie di fatto trepidano all'idea del possibile varo, finalmente, di un provvedimento che disciplini le unioni civili.

Il diritto non riesce a star dietro alle evoluzioni sociali alla velocità sperata e la lentezza si avverte in modo più lampante proprio in materia di regolamentazione delle convivenze, con un vuoto colmato, negli anni, da sindaci più o meno sensibili e creatività giuridica. Così, mentre il "sì" delle coppie con la fede al dito ha il suo cardine normativo nella Costituzione e nel codice civile, il puzzle di tutele per chi pronuncia un simbolico "lo voglio" tra le mura di casa è composto da regolamenti comunali, sentenze di ogni grado e contratti davanti al notaio.
Certo le regole giuridiche non sono, per fortuna, l'unico riferimento esistenziale - rilevando, anzi, l'educazione, la morale, i precetti religiosi - ma è indubbio che la funzione del diritto sia fondamentale per consentire, come sosteneva Kant, che «l'arbitrio di ciascuno coesista con l'arbitrio degli altri».
I Comuni e la vita in comune
Di qui le battaglie dei conviventi per vedersi riconoscere formalmente dalla collettività, con il successo a oggi puramente di principio dell'istituzione in un centinaio di Comuni di un Registro delle Unioni civili. Pistoia, Bologna, Siracusa sono le ultime amministrazioni, in ordine di tempo, ad aver deciso di supportare i conviventi. A Roma dovrebbe in questi giorni partire l'iter della delibera per l'istituzione del registro, mentre a Milano, dove ci si può iscrivere da luglio 2012 all'elenco comunale, l'iniziativa nel primo anno ha visto segnarsi settecentoquattro coppie, delle quali un terzo è omosessuale.
Però «il registro non ha nulla a che vedere con l'effettiva tutela dei diritti delle coppie di fatto - spiega Alessia De Paulis, delegata dell'Associazione nazionale comuni italiani alle pari opportunità - si tratta più di atti simbolici delle amministrazioni nell'attesa che il legislatore intervenga». In pratica, il Comune promette di attivarsi per evitare la discriminazione dei conviventi in tutte le politiche di primaria realizzazione e socializzazione, ma niente che impatti - e che non potrebbe comunque impattare - sulle questioni di solidarietà morale e materiale dei due che stanno insieme.
Il diritto vivente... in tribunale
Ben più significative le conquiste del diritto vivente, cioè la giurisprudenza delle corti italiane. Se un tempo i giudici erano la "bocca della legge", per dirla come Montesquieu, oggi sono dei veri e propri tutor sociali, una sorta di problem solvers chiamati a "creare" diritto pur di assicurare una reale tutela ai cittadini.

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