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Questo articolo è stato pubblicato il 13 ottobre 2014 alle ore 08:19.
L'ultima modifica è del 13 ottobre 2014 alle ore 08:34.

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Nuovo Isee all'ultimo miglio, ma già si intravede il rischio di una stretta sul welfare dei Comuni. È pronta, e dovrebbe arrivare presto ai tecnici dei Comuni e dei Caf, la versione finale dei moduli con cui i cittadini dovranno chiedere, dal 2015, il calcolo dell'indicatore della situazione economica equivalente. In pratica, lo strumento che serve a valutare se si ha diritto o meno a prestazioni sociali agevolate: dagli sconti sulle rette dell'asilo alle mense scolastiche, dalle spese sulle residenze per anziani alle agevolazioni sulle tasse universitarie.

L'ufficializzazione della nuova «Dichiarazione sostitutiva unica» (Dsu) è il tassello che manca per completare il travagliato percorso normativo del nuovo indicatore. Basti pensare che secondo il decreto salva-Italia avrebbe dovuto concludersi già a maggio del 2012. Ora ci siamo, a quanto pare: dal prossimo 1° gennaio – ha annunciato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, in un'audizione alla commissione affari sociali della Camera – uscirà definitivamente di scena l'Isee in vigore dal 1998 e debutterà il sistema di calcolo ridisegnato dal Dpcm 159/2013.

L'obiettivo dichiarato è raggiungere maggiore equità e contrastare gli abusi. Il nuovo Isee, infatti, fotografa la situazione economica considerando, per ciascuna famiglia, non solo i redditi soggetti a Irpef ma anche una serie di redditi che il vecchio indicatore non conteggiava (quelli esenti da imposta, gli assegni per il mantenimento dei figli). Pesano di più gli immobili e si punta finalmente a registrare in maniera puntuale anche depositi, conti correnti, titoli di Stato, fondi e azioni.

In più, e questa è forse la novità più rilevante, solo una parte dei dati sarà autodichiarata dal cittadino. Una fetta rilevante delle informazioni sarà ricavata direttamente dall'Inps, che interrogherà l'anagrafe tributaria, cioè accederà ai dati dell'agenzia delle Entrate. A regime (quando saranno risolti i nodi ancora aperti sulla tutela della privacy) l'amministrazione potrà accedere alla giacenza media dei conti correnti di ciascun richiedente. Dovrebbe essere così più difficile "dimenticare" risparmi e investimenti.

«La sola diffusione delle notizie sul monitoraggio dei conti correnti – nota Raffaele Tangorra, direttore generale per l'inclusione e le politiche sociali del ministero del Lavoro - al Sud ha fatto diminuire del 10%, dal 2011 al 2013, il numero delle dichiarazioni sostitutive con rendimento del patrimonio mobiliare pari a zero. Nel Mezzogiorno, tre anni fa erano il 96% delle Dsu». Come dire che quasi tutti, nel chiedere l'Isee, dichiaravano di non avere neanche un conto corrente.

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