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Questo articolo è stato pubblicato il 09 novembre 2014 alle ore 14:19.
L'ultima modifica è del 09 novembre 2014 alle ore 15:05.

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Tra chi oggi in America ha più motivo di esultare per i risultati delle elezioni del 4 novembre scorso ci sono coloro che hanno causato la grande recessione i cui rigurgiti economici hanno contribuito alla sconfitta del presidente Obama e dei democratici. Parliamo dei big della finanza. Che come tutti gli altri grandi finanziatori del partito repubblicano si trovano nella felice posizione di pretendere il proprio «ritorno sull'investimento» elettorale.

Per ottenerlo non dovranno neppure torcere il braccio ai repubblicani. Perché la repulsione per norme e regolamenti è assolutamente condivisa. Basti pensare a Richard C. Shelby, il senatore dell'Alabama destinato a diventare presidente dell'importantissima Commissione Finanza. Shelby è da sempre uno dei grandi oppositori della Legge Dodd-Frank, la riforma finanziaria con la quale i democratici hanno tentato di ristabilire regole che frenassero gli eccessi della «finanza creativa» all'origine della crisi del 2008. Ed è anche nemico number One del Consumer Financial Protection Bureau, o Cfpb, l'agenzia di difesa dei consumatori finanziari creata dalla Dodd-Frank, da lui definita «la più potente e incontrollabile burocrazia del governo federale».

Quello che molti si aspettano adesso è che, come minimo, Shelby imponga la creazione di una “Commissione di vigilanza” del Cfpb, composta da figure politiche e controllata dal suo partito, che da gennaio avrà la maggioranza in entrambi i rami del Congresso. Il che porterà chiaramente a un'edulcorazione della mission della nuova agenzia.
In ogni caso, una cosa è certa: il trend verso regolamentazioni più severe per il settore finanziario ha fatto il suo corso. Da gennaio si potrà soltanto tornare indietro.
La notizia non è buona per chi ritiene che la Dodd-Frank non abbia ancora messo le briglie a un settore così incontinente ma così vitale per l'economia.

A pensare che tra i big di Wall Street la cultura dell'esuberanza e della sregolatezza finanziaria sia tuttora dominante non sono soltanto economisti schierati politicamente a sinistra come Paul Krugman. Sono anche figure dell'establishment che negli ultimi anni si sono trovate a far fronte alla più grave crisi economica mondiale del dopoguerra.
Parliamo dell'ex presidente della Federal Reserve di New York e ministro del Tesoro Timothy Geithner. E del suo successore alla Fed, William Dudley.
«La risposta normativa e punitiva è stata più lenta (…) e meno energica di quanto non fosse appropriato», ha scritto Timothy Geithner in alcune annotazioni personali che ha preferito non inserire nella sua autobiografia ma sono recentemente divenute pubbliche nell'ambito di un procedimento giudiziario riguardante il salvataggio del colosso assicurativo Aig.

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