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Questo articolo è stato pubblicato il 03 dicembre 2014 alle ore 07:25.
L'ultima modifica è del 03 dicembre 2014 alle ore 07:53.

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«In una situazione di crisi, occorre guardarsi dai pericoli ma saper riconoscere le opportunità». Lo ha detto John F. Kennedy nel 1959 a Indianapolis. Ma negli ultimi 40 anni chi ha saputo metterlo in pratica meglio di chiunque altro a Roma è stato Massimo Carminati, l'ex terrorista dei Nar affiliato alla Banda della Magliana che da decenni coniuga politica, affari e criminalità organizzata nella capitale del nostro Paese.
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Per tutti noi quella di Mare Nostrum è stata una tragedia. Per Massimo Carminati un'opportunità. Da un'inchiesta condotta negli ultimi mesi da Il Sole 24 Ore, e convalidata ieri dalla serie di arresti in seguito all'indagine condotta dal Servizio centrale del Ros e dalla sua sezione Anticrimine di Roma per conto della Procura , è emerso che quello dei «barconi della speranza», anziché un'emergenza umanitaria, è stato un grande business. Per Carminati è stata anche un'occasione per rafforzare quella tela di relazioni grazie alla quale nel sottobosco romano è noto anche come «l'ultimo re di Roma».
Carminati si è dimostrato un re magnanimo. Che ha saputo condividere con la sua corte. E in quest'ultima vicenda in particolare con quello che la Procura ritiene sia stato il suo socio occulto, Salvatore Buzzi, presidente di un importante consorzio di cooperative legate alla LegaCoop, le cosiddette «cooperative rosse».

Attenzione, non si sta parlando di attività criminali - di droga, di pizzo o di economia sommersa. No, a predisporre e raccordare l'emergenza migranti è stato il «Tavolo di coordinamento nazionale» presieduto dal più istituzionale dei ministeri, quello dell'Interno, del quale era membro un uomo prezzolato dal duo Carminati-Buzzi. Leggendo gli atti dell'indagine «Mondo di mezzo», diretta dai pm romani Giuseppe Cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli, torna in mente un altro tavolo, parliamo de «U tavolinu», dove il «ministro dei Lavori pubblici» di Cosa Nostra, Angelo Siino, spartiva appalti e fondi pubblici con aziende e politici. Il ruolo di Siino, secondo le accuse della Procura di Roma, sarebbe stato svolto da Luca Odevaine, l'uomo al servizio del duo criminale membro del Tavolo di coordinamento nazionale, ex direttore di gabinetto del sindaco Walter Veltroni, ex capo della polizia provinciale e Protezione civile con Nicola Zingaretti, ed ex pregiudicato (vedi box).

Dall'indagine de Il Sole 24 emerge che, per via delle centinaia di milioni di fondi statali e comunitari, quella dell'accoglienza è stata una straordinaria mangiatoia. Per capirlo basta questa frase di Buzzi a un complice: «Tu c'hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati, eh? Il traffico di droga rende di meno».

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