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Questo articolo è stato pubblicato il 16 dicembre 2014 alle ore 06:38.
L'ultima modifica è del 16 dicembre 2014 alle ore 08:49.

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Anche evitando di chiedersi se è sempre preferibile avere “di più”, che cosa può fare il piano Juncker per avere un impatto positivo a breve sugli investimenti complessivi?

La ricerca accademica sulle determinanti degli investimenti ha generalmente concluso che la variabile cruciale è la crescita (o le aspettative di crescita), e che i tassi di interesse giocano al massimo un ruolo secondario. Una conseguenza immediata di ciò, ovviamente, è che è improbabile che la politica monetaria possa avere un forte impatto sugli investimenti.

In effetti, il segnale del mercato è chiaro: al momento, nella maggior parte della Ue, non vi è carenza di finanziamenti disponibili. I Paesi della periferia della zona euro, dove il credito potrebbe essere ancora scarso, rappresentano meno di un quarto dell’economia europea. Così la mancanza di fondi non è la ragione per cui gli investimenti restano deboli.

Il piano Juncker dovrebbe sbloccare, con 21 miliardi di euro in finanziamenti comunitari, progetti pari a 15 volte tale valore (315 miliardi). Sembra inverosimile. Il sistema bancario europeo ha già più di 1.000 miliardi di capitale. L’aggiunta di 21 miliardi di euro, sotto forma di garanzie a carico del bilancio comunitario, non dovrebbe avere un impatto significativo sulla propensione delle banche a finanziare gli investimenti.

Il piano Juncker punta, in particolare, sui progetti infrastrutturali, che sono spesso più rischiosi di altri investimenti. Ma questi rischi di solito non sono finanziari; riflettono potenziali ostacoli politici e normativi a livello nazionale. Questi problemi non possono essere risolti da una garanzia a carico del bilancio comunitario (che in ogni caso non potrebbe essere più grande di 1/15 del valore del progetto).

Il motivo per cui non esiste ancora una buona interconnessione tra le reti energetiche spagnole e quelle francesi non è una mancanza di finanziamenti, ma la mancanza di volontà dei monopoli dominanti su entrambi i lati del confine all’apertura dei loro mercati. Procedono lentamente anche molti progetti ferroviari e stradali, a causa delle opposizioni locali, non della mancanza di finanziamenti. In Europa, questi sono i veri ostacoli agli investimenti in infrastrutture. Le grandi aziende europee possono facilmente ottenere finanziamenti con interessi a tasso quasi zero.

La richiesta di maggiori investimenti è, superficialmente, sempre attraente. Ma ci sono ragioni fondamentali per ritenere che i tassi di investimento della zona euro rimarranno stabilmente molto bassi. Il gap di investimenti, spesso invocato, è per lo più il risultato di un pio desiderio, e le restanti barriere agli investimenti hanno poco a che fare con la mancanza di finanziamenti.

Le performance economiche di Stati Uniti e Regno Unito rappresentano una lezione importante per la zona euro. Il recupero di entrambe le economie è stato guidato, in gran parte, dalla ripresa dei consumi a carico di bilanci familiari più forti, soprattutto negli Stati Uniti. La ripresa degli investimenti ha seguito la ripresa della crescita dei consumi. Se i politici europei sono seriamente intenzionati riguardo alla ripresa economica, dovrebbero concentrarsi sui consumi, non sugli investimenti.

© PROJECT SYNDICATE, 2014

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