Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 30 dicembre 2014 alle ore 07:28.
L'ultima modifica è del 30 dicembre 2014 alle ore 08:24.

Nuvoloni minacciosi si stanno addensando sul cielo dell'Unione Europea. Il 25 gennaio 2015 si terranno le elezioni in Grecia, dopo che il parlamento di quel paese non è riuscito a trovare l'accordo per un nuovo presidente della Repubblica. Saranno elezioni caratterizzate da uno scontro frontale.

Uuno scontro frontale tra i difensori delle politiche di austerità, guidati dall'attuale primo ministro conservatore Antonis Samaras, e i critici radicali di queste ultime, guidati da Alexis Tsipras leader del partito di sinistra Syriza. Pochi mesi dopo, il 7 maggio 2015 se non prima, si terranno le elezioni britanniche. Con la destra conservatrice di David Cameron che rincorrerà il partito anti-europeo Ukip di Nigel Farage nella critica alla burocrazia di Bruxelles e i laburisti di Ed Miliband incerti sul da farsi.
Se Tsipras vincesse le elezioni greche, è indubbio che l'esito sarà una messa in discussione degli impegni che la Grecia ha dovuto assumere con la Troika (BCE, Commissione europea, FMI) che ne controlla i tre quarti del debito. Se la richiesta di tagliare il debito non venisse accettata, allora è facile ipotizzare una radicalizzazione del conflitto sociale interno. Se invece venisse accettata, allora sarà l'intera architettura finanziaria dell'eurozona a barcollare. È facile prevedere la reazione di paesi come la Spagna, il Portogallo o l'Irlanda che hanno dovuto pagare il loro debito facendo sacrifici enormi, di fronte ad un eventuale trattamento di favore (si fa per dire) nei confronti della Grecia. Allo stesso tempo, nel Regno Unito, il partito conservatore di Cameron potrà mantenersi al potere solamente radicalizzando la sua critica all'UE. Il successo di una destra fortemente sovranista finirà così per fare barcollare l'intero sistema comunitario. Se la messa in discussione dell'eurozona (da parte dei greci) e dell'UE (da parte dei britannici) si sovrapporranno, le condizioni di una tempesta perfetta ci sarebbero tutte.

Eppure, questi nuvoloni non sembrano preoccupare i meteorologi di Berlino. Come scrive Roberto Napoletano nella sua Lettera di Natale (il Sole 24 Ore del 24 dicembre), il governo di grande coalizione della Germania continua a professare una sorta di “feticismo religioso” nei confronti delle politiche di austerità perseguite nell'eurozona. Si potrebbe dire che quel feticismo è il risultato di una qualche arroganza provinciale che ha spinto un'intera classe dirigente a pensare che “ciò che ha funzionato in Germania deve funzionare anche altrove”. È indubbio che la Germania abbia avviato prima di altri paesi le riforme strutturali interne, come quelle introdotte nel decennio scorso. Ed è indubbio che l'Italia o la Francia siano arrivate solamente ora a riconoscere i vincoli strutturali che una moneta comune comporta. Tuttavia, è altrettanto indubbio che riformare in condizioni di crescita non è la stessa cosa che farlo in condizioni di prolungata recessione. Così come è altrettanto indubbio che una moneta comune non può implicare la formazione di un unico modello di politica economica tra gli stati che l'hanno adottata. È semplicemente dogmatica la pretesa, ad esempio, che le relazioni industriali in Italia e in Francia diventino in pochi anni simili a quelle che si sono costruite in Germania o nel nord d'Europa nel corso di decenni. Non può esserci “una misura che va bene per tutti”, come in certi negozi di consumo di massa. Una cosa è l'armonizzazione e la responsabilizzazione delle politiche economiche così da evitare l'azzardo morale, un'altra cosa è l'imposizione di un modello di politica economica che impoverisce alcuni e arricchisce altri. Se lo stato membro più forte dell'eurozona non prenderà atto che il suo modello non è esportabile, allora sarà difficile prevenire la tempesta greca.

Commenta la notizia

Shopping24

Dai nostri archivi