Storia dell'articolo
Chiudi

Questo articolo è stato pubblicato il 04 gennaio 2015 alle ore 13:32.
L'ultima modifica è del 04 gennaio 2015 alle ore 13:42.

My24

Un secondo insegnamento da raccogliere nel centenario dell'anno terribile che fu il 1915 è quello che viene dall'immane tragedia del genocidio armeno, “pulizia etnica” che portò allo sterminio di circa un milione e mezzo di persone, colpevoli solo di appartenere a una cultura, a un popolo e ad una religione, il cristianesimo, diversi da quelli dominanti nell'Impero ottomano. Era stata l'avanzata russa sul fronte del Caucaso a provocare la violenza dei Turchi contro la popolazione armena, sospettata di aver favorito le truppe dello Zar. L'8 aprile 1915 iniziarono i rastrellamenti e le fucilazioni, dando avvio a uno sterminio sistematico e brutale, in cui non si contarono massacri e deportazioni. Gli appelli rivolti agli Alleati perché intervenissero rimasero inascoltati. Il XX secolo apriva la strada al male assoluto sfociato poi nella grande catastrofe, la Shoah, costata la vita ad almeno sei milioni di innocenti, uccisi unicamente perché appartenenti al popolo ebraico. L'eredità che questi crimini efferati ci lasciano dovrebbe essere chiara, anche se periodici rigurgiti di violenze razziste e di barbarie ideologiche continuano ad affacciarsi sulla scena della storia. Mai più l'ideologia folle dell'uomo superiore all'altro uomo per ragioni di appartenenza etnica o religiosa dovrà trionfare: e nessuna coscienza sensibile dovrà sottrarsi al dovere di vigilare in tal senso per opporsi a qualunque forma di offesa e di annientamento della persona umana.

Il 1915, infine, fu l'anno del terremoto che il 13 gennaio colpì l'intera area della Marsica, causando la morte di più di 30mila persone. La scossa fu così forte da essere avvertita dalla Pianura Padana alla Basilicata. Il 14 gennaio 1915 il quotidiano Il Mattino riportava la testimonianza impressionante di un sopravvissuto: «Non mi resi subito conto di ciò che era avvenuto; ritenni dapprima che si trattasse del crollo improvviso dello stabilimento dove ero occupato per lo scoppio di qualche macchina. Non potevo immaginare quale orribile, immane catastrofe si fosse abbattuta su Avezzano… La gamba sinistra mi doleva abbastanza, ma ciò non mi impedì di trascinarmi fino all'aperto. Appena fuori, le mie orecchie furono straziate da mille lamenti. Guardai Avezzano e credetti di essere vittima di un orrendo sogno: il castello, gli stabilimenti dagli alti fumaioli, la Chiesa dall'agile campanile, tutto era scomparso. Avezzano non c'era più e al suo posto non si scorgevano che macerie». Il XX secolo ha conosciuto tragedie analoghe, che si sono ripetute similmente agli inizi del nuovo millennio: gli oltre trecento morti del terremoto che ha colpito L'Aquila e parte dell'Abruzzo nel 2009 ne sono testimonianza. Anche qui c'è un insegnamento da raccogliere: se il sisma non è prevedibile nelle forme e nei tempi in cui avviene, è però possibile prevenirne molte delle conseguenze, provvedendo ad osservare le misure antisismiche che l'odierna conoscenza scientifica può mettere in atto. L'importante è che il terremoto della natura non sia amplificato da quello della storia. E anche qui i processi della ricostruzione dimostrano che la terribile lezione è ancora lontana dall'essere appresa. 1915-2015: un centenario per riflettere e per decidersi a favore dell'umano, a partire da una seria decisione morale, che trovi spazio in ogni coscienza e si traduca in attenzione responsabile e operosa al primato del bene comune, di fronte alla radice ultima dell'esigenza etica, il comandamento espresso dal Decalogo e scritto dal dito divino nel cuore di tutti.
Arcivescovo di Chieti-Vasto

Shopping24

Dai nostri archivi