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Questo articolo è stato pubblicato il 07 gennaio 2015 alle ore 08:01.
L'ultima modifica è del 07 gennaio 2015 alle ore 23:00.

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Thomas Piketty (Epa)Thomas Piketty (Epa)

All'improvviso, travolto emotivamente dall'onda sollevata dalla conferenza di Thomas Piketty, un economista in maniche di camicia scatta in piedi in mezzo al pubblico, alza la voce oltre misura chiamando la sala strapiena a ribellarsi alle contraddizioni intrinseche al capitalismo e a portare la protesta nelle università.

Nella Independence Ballroom dell'Hotel Sheraton di Boston alcune centinaia di economisti si sono schiacciati l'uno sull'altro per ascoltare l'economista francese presentato dai media locali come il cervello più hot del pianeta, si siedono sulla moquette, si addossano ai muri, straripano nell'anticamera. Erano decenni che un dibattito economico non suscitava passioni da assemblea studentesca.
Talvolta, il pubblico vibra letteralmente assistendo al confronto tra Piketty che denuncia la disuguaglianza intrinseca al capitalismo e le obiezioni del suo antagonista Gregory Mankiw, harvardiano conservatore, ex consigliere di Bush. Il confronto diventa l'epicentro emotivo dell'Assa-Aea, il meeting annuale che raccoglie 12mila tra economisti e scienziati sociali americani.
Boston è una città di ribellioni e nella grande sala si coglie lo spirito che nei decenni passati avrebbe suscitato proteste nelle accademie, forse sollevazioni studentesche. Ma mentre il primo tribuno sta ancora invocando la ribellione un altro economista ancora più giovane attacca un micro aggeggio al suo smartphone e proietta sul muro della sala una feroce critica di Joe Stiglitz alle tesi di Mankiw via internet in tempo reale. Il pubblico è esilarato, una decina di telefonini scattano fotografie e le rilanciano sulla rete, mentre il primo agitatore sta ancora urlando, sollevando le braccia, ma ormai inascoltato. È l'era di twitter e i cinguettii non fanno rivoluzioni.

Che cosa stia diventando la scienza economica tra crisi teorica e social networks è l'interrogativo nascosto del convegno. Ormai aggrappati al ciclo media-politica, gli economisti non sono mai stati tanto influenti, tanto disorientati, e infine avvinti a un mondo parallelo che tanto bene funziona con ciò che è virtuale e tanto male con ciò che è reale. Nei think tank di Washington quando si discutono i modelli, tutta la parte di metodo che un tempo era centrale viene tagliata: “spiega il concetto, se ne hai uno” si intima a brutto muso agli ospiti. Ma di concetti nuovi ce ne sono molto pochi. Larry Summers era appena riuscito a dominare il ciclo mediatico rispolverando il concetto di stagnazione secolare quando l'economia americana lo ha preso alle spalle crescendo del 5%. Ora c'è già chi parla di produttività crescente e di innovazioni tecnologiche a scoppio ritardato che renderanno roseo il futuro.

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