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Questo articolo è stato pubblicato il 18 gennaio 2015 alle ore 14:05.
L'ultima modifica è del 18 gennaio 2015 alle ore 15:01.

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Salì sul piccolo podio bianco posto di fronte a un pubblico di banchieri e cominciò ad elogiare le condizioni economiche dell'euro area rispetto a quelle degli Stati Uniti e del Giappone. Si spinse fino a sottolinearne la coesione sociale. Mentre parlava, il presidente della Bce guardò appena i pochi appunti preparati, preferendo infatti parlare «con franchezza e candore», come disse inizialmente. Infine dopo pochi minuti arrivò al punto: «Quando la gente parla di fragilità dell'euro, o di crescente fragilità dell'euro, e magari di crisi dell'euro, molto spesso i Paesi o i leader che non fanno parte dell'unione monetaria sottovalutano la quantità di capitale politico che è stato investito nell'euro.

Noi, e non credo che a Francoforte siamo osservatori poco obiettivi, la pensiamo diversamente. Pensiamo che l'euro sia irreversibile. E non si tratta di parole a vuoto, perché sappiamo esattamente quali interventi siano stati fatti, o stiano per essere fatti, per renderlo irreversibile.
Ma c'è un altro messaggio che voglio darvi. Entro il suo mandato, la Bce farà ogni cosa che sia necessaria a preservare l'euro. E... - a questo punto Draghi fece una pausa ad effetto – credetemi, sarà sufficiente».
Era il 26 luglio 2012, un giorno che cambiò il corso degli eventi.

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