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Questo articolo è stato pubblicato il 21 gennaio 2015 alle ore 07:00.
L'ultima modifica è del 21 gennaio 2015 alle ore 08:51.

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È vero, la struttura economica è diversa in Europa, ma non c'è motivo di pensare che il «quantitative easing» non funzionerà. La domanda tra i consumatori aumenterà e questo sosterrà l'economia.

Per questo BlackRock continua a investire in Europa?
Bene inteso: noi consideriamo attraenti le Borse, ma non il mercato dei titoli di Stato. Ormai i rendimenti sui bond sono molto bassi e lo spread è troppo influenzato da variabili imprevedibili come quella politica. Puntiamo invece con convinzione sui listini azionari: la nostra prima scelta è la Borsa statunitense, poi alcuni listini del Sud America, ma in Europa privilegiamo Gran Bretagna, Italia e Germania. Nelle Borse del Vecchio continente ci sono molte società esportatrici, che beneficeranno dalla debolezza dell'euro. Italia inclusa: a Piazza Affari guardiamo con favore le aziende alimentari, quelle legate alla sanità e il settore della difesa.

E le banche? In Italia si parla di riformare le Popolari, abolendo in qualche modo il voto capitario: crede che questo sarebbe positivo per gli investitori come voi?
Riformare le banche Popolari significa mettere mano su una legge antiquata. Vecchia. Questo dovrebbe migliorare la governance e la trasparenza: tutti aspetti positivi per chi investe in Borsa.

Torniamo al debito pubblico. Molti in Italia pensano che il Paese dovrebbe ristrutturarlo in qualche modo, evitando però di generare panico sul mercato. Lei pensa che possa esistere una forma ristrutturazione del debito accettata dai mercati?
Perché no? In un mercato maturo come quello americano le ristrutturazioni dei debiti sono all'ordine del giorno. E questo non è un dramma. In fondo agli investitori interessa ricevere i soldi alla fine: se si allungano le scadenze, oppure se si sostituisce parte del debito con titoli garantiti da infrastrutture, immobili o altro non ci vedo nulla di strano. Si può fare, senza creare alcuno shock sui mercati. Detto questo, però, non ritengo che l'Italia abbia bisogno di farlo: i Paese non ha problemi sul rifinanziamento del debito.

Cosa accadrà se la Fed quest'anno alzerà i tassi d'interesse? È possibile che questo scateni volatilità sui mercati?
Non credo. Se i tassi Usa salgono di 25 o 50 punti base, non cambia la vita di nessuno. La Fed sta annunciando questa mossa da tempo, ormai i mercati sono preparati.

Pensa per contro che la Fed potrebbe ritardare il rialzo dei tassi se il dollaro, per effetto del «quantitative easing» europeo, dovesse salire ulteriormente?
La Fed non vive isolata dal mondo, ovvio. Loro terranno conto degli effetti della Bce e degli effetti sull'inflazione del ribasso del petrolio. Ma, nonostante questo, continuano a dire che ad un certo punto quest'anno alzeranno i tassi. Io credo che lo faranno: del resto 25 o 50 punti base, come detto, non cambiano la vita a nessuno.

Lei si definisce un ottimista. Qual è però il principale rischio, oggi, sui mercati?
Il ribasso del prezzo del petrolio. Questo potrebbe porre il tema della sostenibilità dei conti di alcuni Paesi esportatori.

E non crede che sui mercati ci siano bolle speculative?
No, questa storia delle bolle è fomentata dai giornali. È da anni che si parla di rischio-bolle, ma le Borse e i bond continuano a salire. Questo ha generato paura tra la gente, con il risultato che oggi le famiglie non investono i risparmi per assicurarsi il futuro pensionistico. Questo è il vero dramma: tenere i soldi in banca non porta da nessuna parte, bisogna investirli pensando al futuro. Non aspettando lo scoppio delle bolle.
m.longo@ilsole24ore.com

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