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Dossier Per i partiti la difficile sfida delle alleanze

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Dossier | N. 177 articoliElezioni 2018-Ultime notizie, interviste e video

Per i partiti la difficile sfida delle alleanze

Queste elezioni sono una lotteria. È stato così altre volte, ma mai come oggi. Gli esiti possibili, se si crede ai sondaggi pubblicati fino a ora, vanno da una maggioranza risicata per il centro-destra al caos. Tra questi due esiti il M5s occupa un posto speciale. Potrebbe infatti trovarsi di fronte a un bivio. Dovrà finalmente decidere se andare al governo o no. Va da sé che se il 4 marzo uscirà dalle urne una maggioranza di centro-destra il problema non si porrà. Sarà il centro-destra a governare per la quarta volta a partire dal 1994. Se però questo evento non si verificasse si aprirà una partita complicata al centro della quale non ci sarà più Berlusconi, ma Di Maio.

Succederà perché molto probabilmente non ci saranno maggioranze praticabili senza il Movimento. Molti si aggrappano all’idea che dalla roulette elettorale possa uscire una maggioranza composta da Pd, Forza Italia e centristi di varia estrazione. È la soluzione preferita dai mercati e da Bruxelles. Ma con i dati che abbiamo sembra ancor meno probabile di una maggioranza di centro-destra, anche tenendo conto di quel fattore elusivo rappresentato dai deputati e senatori in libera uscita che potrebbero colmare il gap tra la maggioranza assoluta e quella uscita dalle urne. Senza una maggioranza di centro-destra e senza una maggioranza Pd-Fi il gioco passa necessariamente nelle mani del M5s, a meno di non immaginare una alleanza che veda tutti al governo o una coalizione Pd-Fi-Lega. Entrambe queste opzioni non sono credibili. Anche la seconda. Come può la Lega di Salvini lasciare al M5s il monopolio dell’opposizione ? Né, dopo aver visto i candidati attentamente scelti da Salvini, si può ipotizzare una spaccatura del gruppo parlamentare leghista che renda possibile un governo Renzi-Berlusconi. In sintesi, pur in un quadro molto confuso, è praticamente certo che non ci saranno soluzioni governative che vedano insieme Pd e Lega oppure M5s e Forza Italia.

Se questo ragionamento non è campato per aria, il M5s si troverà al centro della scena e dovrà decidere che fare. Andare al governo o no ? Questa è la domanda ineludibile. Si sa che la risposta di Di Maio è positiva. E al momento il M5s, pur con molti distinguo e qualche passo di lato, sembra allineato su questa posizione. Ma questo non risolve il problema. Non si può andare al governo senza maggioranza, e oggi una delle poche cose certe è che il Movimento non avrà la maggioranza assoluta per governare da solo. Davanti a questa evidenza Di Maio se la cava parlando di un governo di minoranza che si cercherà i voti in parlamento “con chi ci sta”. È una storia utile in campagna elettorale per non dover scegliere alleati prima del voto, ma non sta in piedi. Dopo il voto Di Maio scoprirà rapidamente che il presidente Mattarella non aderirà ad una simile proposta. Basta pensare al rischio che un governo del genere rappresenterebbe nel caso in cui non ottenesse la fiducia. Resterebbe in carica in uno scenario di probabili grandi tensioni senza avere l’esperienza per gestire una situazione simile. Inoltre sarebbe il governo in carica nel caso di nuove elezioni ravvicinate. Per sostituire Gentiloni ci vuole altro.

Se il M5s vuole andare veramente al governo dovrà finalmente decidere con chi. Dovrà allearsi. Sia che si tratti di mettere insieme un governo organico sia che si tratti di negoziare un appoggio esterno. Hic Rhodus, hic salta. Le opzioni potrebbero essere due. È possibile che dalle urne saltino fuori due maggioranze. La prima è quella con M5s, Lega e Fratelli d’Italia. Le seconda quella con M5s, Pd e Liberi e Uguali. Due maggioranze senza Berlusconi. Il primo scenario sarebbe catastrofico per le reazioni che scatenerebbe. Da tempo Di Maio cerca di accreditare il suo movimento come forza di governo. Impresa già di per sé difficile. Allearsi con la Lega la renderebbe impossibile. Il secondo scenario sembra oggi irrealistico. Eppure non è difficile intravedere punti di contatto per un eventuale programma comune tra quelli che presumibilmente saranno i due maggiori partiti in parlamento. Che farà dunque il M5s se effettivamente si dovesse trovare in questa situazione dopo il voto ?

Questo sarà il momento della verità. Ma ci si potrebbe alla fine non arrivare se si verificasse un altro evento caotico, e cioè una maggioranza di centro-destra al Senato ma non alla Camera. Non è escluso che questo accada. Tutt’altro. Il fatto che gli elettori dai 18 ai 24 anni, tra cui il M5s è relativamente più forte, non votino al Senato lo rende possibile. In un sistema proporzionale questa differenza di corpi elettorali non avrebbe un effetto rilevante, ma in un sistema dove i collegi uninominali sono più di un terzo del totale potrebbe fare una grande differenza. È assurdo, per non dire folle, che dopo il 1993 non si sia fatta la riforma costituzionale per dare il voto ai diciottenni al Senato. Con l’introduzione di sistemi maggioritari avrebbe dovuto essere la prima riforma da fare. E invece niente. Nemmeno il M5s ha spinto con forza in questa direzione.

E così oggi ci troviamo a dover considerare tra gli esiti possibili anche quello di un centro-destra con la maggioranza al Senato, ma senza la possibilità di fare un suo governo non avendo i numeri alla Camera. In questo caso sarà la Lega di Salvini a dover decidere che fare. Ma questa è una altra storia. Intanto aspettiamo il voto e vediamo con quali maggioranze saranno eletti i presidenti del Senato prima e della Camera subito dopo. La partita comincerà lì.

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