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Cultura-Domenica Arte

AVenezia la fondatrice di Parkett

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Questo articolo è stato pubblicato il 13 maggio 2010 alle ore 09:51.

di Angela Vettese

Sarà una svizzera che conosce bene l'Italia a guidare la 54ª edizione della Biennale Arti Visive a Venezia. Bice Curiger, classe 1948, è partita dalla rivista «Parkett». che ha fondato nel 1984 insieme a Jacqueline Burkhardt, seguendo l'esempio di «October»: il bollettino più colto degli Stati Uniti fondato da altre due donne, Annette Michelson e Rosalind Krauss.
L'idea era quella di una rivista-libro che desse tanto spazio alle immagini quanto alla parola. Nella piccola redazione di Zurigo lavoravano senza un soldo, al punto che la testata venne affidata non a un grafico ma a una nonna così da essere (e rimanere fino a oggi) un ricamo. La formula era quella di coinvolgere gli artisti in edizioni speciali, serigrafie, oggetti multipli da vendere a collezionisti. Così si sperava, prima che arrivassero vendite e abbonamenti, di sostenere la rivista senza cedere ai ricatti della pubblicità e proponendo una formula che prevede saggi con autori scelti dagli artisti, approfondimenti, insomma niente di svelto ma anzi una ponderata "slow critic". Per un artista, avere una copertina su «Parkett», rivista quasi monografica, è un onore che decreta il successo o che lo riporta in auge dopo un periodo di latenza.
Proprio questo dialogo con gli artisti, da Enzo Cucchi (i primi anni videro molta pittura) a Ugo Rondinone, da Karen Kilimnik a John Armleder, da Alighero Boetti a Tony Oursler, ha fatto sì che Bice Curiger potesse conoscerne molti da vicino, lavorandoci fianco a fianco. È questo che porta in dote alla Biennale: un capitale relazionale altissimo, non giocato solo sul contatto veloce che si instaura tra l'artista e il curatore di una mostra collettiva, al contrario investito di tutta l'emotività di chi, insieme, si mette a scegliere come fare un ritratto all'altro. Potere alzare il telefono e dire «fammi una proposta» a un artista bendisposto e buon amico, è la cosa che rende più fertile il lavoro del curatore.
Ovviamente la critica svizzera non ha solo questo dalla sua parte. La sua esperienza editoriale le ha consentito di diventare direttrice anche della rivista della Tate Modern di Londra, «Tate etc», che sta conquistando sempre più visibilità. Sempre alla Tate ha acquisito una tale credibilità da avere, tra l'altro, curato la grande retrospettiva della coppia svizzera Fischli & Weiss. Anche dopo che Vicente Todoli (che l'ha appunto chiamata alla Tate) ne ha lasciato la direzione un mesetto fa, non dovrebbe avere problemi a restare al suo posto.

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Tags Correlati: Annette Michelson | Arte | Bice Curiger | Harald Szeeman | Italia | John Armleder | MIT | Rosalind Krauss | Stati Uniti d'America | Tony Oursler | Vicente Todoli | Zurigo

 

Un altro asso nella manica è avere tenuto a battesimo alcuni personaggi importanti di area svizzera e tedesca: non solo artisti come Pipilotti Rist, Sigmar Polke, Katharina Fritsch, ma anche il critico che nei sondaggi di mezzo mondo occupa il numero uno della visibilità, Hans-Ulrich Obrist. Molte le istituzioni presso cui ha realizzato mostre: dalla Kunsthaus di Zurigo fino al Guggenheim di New York. I suoi saggi sono stati pubblicati dal fior fiore delle case editrici, tra cui la Mit press di Boston. La sua figura è uno dei molti risultati della grande attenzione che la Svizzera ha prestato all'arte contemporanea a partire dagli anni Sessanta, e del resto anche Harald Szeeman, forse l'ultimo direttore carismatico che la Biennale abbia avuto (1999/2001), veniva dallo stesso humus.
La scelta dunque promette bene, sperando sempre che ci siano i dovuti mezzi oltre che buona volontà. E per fortuna non è disperatamente tardi: una bella Biennale in un anno di tempo si può fare.
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