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Questo articolo è stato pubblicato il 15 maggio 2010 alle ore 08:15.
L'ultima modifica è del 15 maggio 2010 alle ore 13:49.
Non gode di molta popolarità il bellissimo e poetico testo di Sofocle "Aiace". Personaggio scontroso, appartato, una specie di Don Chisciotte ante litteram che ha compiuto una strage di innocue mandrie, scambiandole per i suoi compagni nemici in un'allucinazione manovrata dagli dei. Defraudato, alla morte di Achille, delle armi di costui assegnate al suo nemico Ulisse, in un delirio di vendetta, smarrisce il lume degli occhi e della mente per l'intervento della spietata e ambigua Atena, e immagina di massacrare Agamennone, Menelao, Ulisse.
Ritornato in sé, non ha altra scelta, soffocato dal ridicolo, consapevole dell'inevitabile condanna a morte, e non potendo sopravvivere alla vergogna per l'inutile strage, che togliersi la vita con la spada avuta in dono da Ettore. E a nulla saranno servite le amorevoli implorazioni di Tecmessa, la prigioniera divenuta sua compagna, e che gli ha generato un figlio. Si uccide in scena, davanti al pubblico come non accade in nessun'altra tragedia. Ma il suo corpo rimane ancora protagonista a torreggiare in scena. Sarà il fratello Teucro, figlio anch'egli di una schiava, a farlo in qualche modo rivivere. Come Antigone nei riguardi del fratello Polinice, egli si batte per difenderne la legittimità della sepoltura contro gli Atridi, con Menelao e Agamennone che tentano di impedire, con volgare arroganza, quel gesto di pietà. Sarà proprio Odisseo, causa di tutta la vicenda, a dirimere la questione, a far valere i diritti umani assieme alle ragioni concrete della politica.
Assente da molti anni dalla cavea del teatro siracusano, "Aiace" ritorna ora con la regia di Daniele Salvo sulle antiche pietre sempre più gremite. Per ascoltare parole di ieri che continuano a parlarci dell'oggi. Di lealtà, di dignità, di pietà, nonostante i tempi oscuri affollati di uomini protervi, arroganti, calcolatori. Il regista imbastisce uno spettacolo che si imprime molto negli occhi facendo leva sulla percezione emotiva delle immagini del testo. Coerente alla sua concezione del teatro, fonde con mano sapiente diversi linguaggi espressivi giocando sui codici cinematografici al servizio di un pieno coinvolgimento dello spettatore. La vicenda, ambientata sotto le mura di Troia, trova emblematico rimando in una muraglia di legno naturale con, a lato, un lago d'acqua interrotto da una nave spezzata.