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Questo articolo è stato pubblicato il 16 aprile 2010 alle ore 13:22.
L'ultima modifica è del 18 maggio 2010 alle ore 13:48.
Se si entra in teatro senza sapere che il titolo è "Inferno", quello della Divina Commedia, lo spettacolo che si dispiega davanti ai nostri occhi potrebbe benissimo rappresentare tutt'altro. E suggerirci qualsiasi argomento o tema. Che siamo dentro l'universo di Dante ce lo ricorda una voce fuori campo che ne declama alcuni versi. Se poi, inoltre, ci aspettiamo uno spettacolo di danza rimarremo doppiamente delusi.
Vorrebbe essere un viaggio dentro il poema dantesco, ma non è altro che un'illustrazione di corpi in movimento, un caleidoscopio di cangianti pose scultoree, di fluttuanti acrobazie, di suggestioni visive. Una commistione tra i Momix e i Kataklò. Elegante, raffinato, visivamente ammaliante, l'"Inferno" concepito dall'artista romagnolo Emiliano Pellisari, usa il linguaggio del corpo bloccandolo, paradossalmente, dentro un marchingegno ottico e tecnico che amplifica, alterandolo, il gesto, in un gioco illusorio di movimento. Difficile capire dove stia il trucco, che, nel buio, utilizza un complicato e invisibile sistema di cavi, funi ed elastici.
Vediamo i sette acrobati - o la loro immagine proiettata e, a tratti, sdoppiata e sovrapposta - sempre dietro ad uno schermo trasparente che permette loro di creare figurazioni fantastiche e impossibili, che sfidano la legge di gravità. Sullo sfondo di un sipario rosso la prima delle quindici scene ci mostra Atlante che tiene in mano un cubo trasparente con dentro un uomo. Si susseguono scene e sequenze simboliche: come la raffigurazione di un cerchio umano che si trasforma in una ruota della fortuna e in un'enorme stella, scomponendo gambe e braccia, ma legati sempre l'uno all'altro dai piedi e dalle mani. E poi voli all'insù e cadute in picchiata, scontri e avvinghiamenti, duelli virtuali e amori aerei, costruzioni di torri ed equilibrismi improbabili.
Tutto questo per dare vita a quella discesa nel girone infernale fatto di angeli, di demoni, di dannati, e di personaggi noti quali Paolo e Francesca, Minosse, il gigante Anteo, il conte Ugolino, Ulisse e tanti altri. Tutto questo, però, lo deduciamo – e non dovremmo averne bisogno - dal libretto con le note di regia che descrivono scena per scena lo svolgimento dello spettacolo. Dove, più che la danza, prevalgono l'atletica circense e la mimica. Pellisari, con un passato di studioso rinascimentale, ideatore di performance ed eventi, e al quale va riconosciuta una sua originalità espressiva, ha lavorato sull'astrazione della Divina Commedia. Estrapolandone alcuni concetti per formulare una sua personale sintesi, giunge ad una topografia immaginaria.