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Questo articolo è stato pubblicato il 23 maggio 2010 alle ore 15:35.
La mostra «Caravaggio e caravaggeschi a Firenze» si svolge in due spazi d'eccellenza: un'infilata di stanze al primo piano degli Uffizi e la Sala Bianca in Palazzo Pitti. Inoltre è contemporanea a un'altra mostra, quella della Fondazione Longhi, nella Villa Bardini che domina i giardini d'Oltrarno. Cento quadri nelle due sedi museali (collegate da una "Caravaggio card" per agevolare l'ingresso dei visitatori), nei quali è racchiusa la storia dell'intera parabola caravaggesca: breve quella del maestro lombardo, conclusa dalla morte precoce nel 1610, appena più lunga quella dei seguaci, le cui fortune europee si concentrano nel primo trentennio del Seicento.
Nelle collezioni fiorentine, dai Medici al l'ondata dei caravaggeschi che il grande critico Roberto Longhi portò stabilendo qui la sua eccezionale raccolta, è rappresentato praticamente l'intero movimento. A partire dai quadri giovanili del Merisi, Bacco e Medusa così agli estremi della sensualità e del l'orrore, al Sacrificio d'Isacco del primo Seicento che stempera il dramma del primo piano nel raro fondale paesistico, all'efferato Cavadenti che vien qui posto all'origine dei quadri di "mezze figure a tavola" di Manfredi e van Honthorst (di solito più piacevoli), al pensoso Cavaliere di Malta, allo struggente Amorino addormentato, al magnetico Ritratto di cardinale della Gioviana, del quale si propone l'attribuzione per quanto emerso nel restauro. Anche per il vitale e ironico Maffeo Barberini di proprietà privata, che già il curatore della mostra Gianni Papi riteneva autografo, il restauro impone una riconsiderazione approfondita.
Agli Uffizi i visitatori sono accolti dalla Medusa, inamovibile per la fragilità del suo supporto ligneo convesso da "rotella", e dunque destinata a rimanere sotto lo stesso tetto a cui giunse come dono dell'ambasciatore a Roma cardinal Del Monte a Ferdinando I de' Medici; e dove il suo urlo tragico di decapitata fu abilmente motivato, col metterla al braccio di un'armatura orientale nell'Armeria.
Oggi, nel fare da immagine chiave della mostra, introduce a una magnifica e pausata sequenza di quadri. Si apre con i primi caravaggeschi, invitati dai Medici – la celebre Artemisia Gentileschi, Battistello Caracciolo, Theodor Rombouts – e si conclude con i pittori toscani come Commodi, Fontebuoni, Manetti, che si accostarono al caravaggismo pur senza mai aderirvi in esclusiva, attratti dalla novità di quel naturalismo che sciorinava iconografie intense e talora violente, personaggi disadorni o spavaldi, contrasti taglienti di luci e ombre; e una tavolozza cremosa, satura, affocata, bruciata, mai vista prima.