Storia dell'articolo
Chiudi
Questo articolo è stato pubblicato il 29 maggio 2010 alle ore 17:04.
La storia del Maxxi è iniziata nel 1998 quando venne bandito il concorso pubblico internazionale per un nuovo polo espositivo dedicato all'arte e all'architettura contemporanee. Era una sfida: si trattava di riportare Roma al centro del dibattito artistico e culturale anche per le espressioni più attuali. Il progetto venne vinto dall'architetto iracheno Zaha Hadid che convinse per la sua soluzione architettonica innovativa e fortemente creativa. Quello del cantiere fu un avvio pieno di entusiasmo, ma anche di incognite e difficoltà economiche e progettuali.
Le forme sinuose e plastiche del museo richiedevano una lavorazione del tutto sperimentale: le superfici dovevano essere, contrariamente al solito, lisce e uniformi per rendere un insieme compatto e quasi morbido al tatto. A cantiere già avviato provammo un'impressione fortissima: ci ritrovammo immerse in un grande spazio apparentemente privo di punti di riferimento. La sensazione era quella di essere in un labirinto in cui non esistevano muri divisori ma solo ampi spazi sinuosi che facevano perdere ogni senso di orientamento. Le superfici apparivano immense: e nella nostra mente cercavamo di immaginare come le opere avrebbero potuto collocarsi in uno spazio così autonomo.
Una delle cose più belle di questa esperienza è stata proprio l'alternarsi di timori, sorprese e stimoli. Presto però questa sensazione di paura, ha lasciato il posto all'entusiasmo. Sentivamo di vivere una scommessa: quella di interpretare e raccontare il presente. Il progetto è stato per noi una fonte di ispirazione, ci ha aiutato a pensare questo museo come luogo dell'attualità, un'istituzione che, sia per l'architettura che per l'arte, avrebbe rappresentato un'eccezione rispetto alla tradizione museologica più classica.
Queste potenzialità architettoniche e culturali sono diventate realtà con la performance coreografica di Saha Waltz & Guests presentata a novembre del 2009 in occasione del completamento dell'edificio. Questo evento ci ha dato conferma di come lo spazio del museo poteva misurarsi e vivere attraverso i corpi dei danzatori, ma anche del pubblico che in quei giorni lo ha per la prima volta vissuto e attraversato. È stata per noi una grandissima emozione: il Maxxi, chiamato alla sua prima prova, aveva risposto superando ogni aspettativa.