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Questo articolo è stato pubblicato il 01 giugno 2010 alle ore 14:59.
La chiamavano arte minore. Intrattenimento per ragazzi - come se questo fosse un insulto - e per di più di serie B. A lungo è stato massacrato da moralisti che in America si inventarono anche un codice censorio a cui tutte le maggiori case editrici dovettero attenersi. Ora il fumetto, dopo decenni di gavetta, grazie a un'opera di critica e diffusione che in Italia ha visto i canali più disparati, dalla mitica rivista Linus alla splendida collana che RCS mette in allegato con Gazzetta dello Sport e Corriere della Sera (Super-Eroi, con le splendide introduzioni di Fabio Licari), trova addirittura sentieri imprevedibili. In una realtà sempre più difficile da raccontare, infatti, le nuvole parlanti son diventate addirittura strumento di cronaca.
Disegnare quando è impossibile fotografare, usare l'animazione quando il ricordo è troppo difficile da ricostruire. E così la Storia moderna e i suoi momenti più importanti, i suoi luoghi oscuri trovano nelle graphic novel e affini il loro luogo d'elezione. In questo senso non possiamo non citare il simbolo principe di questa nouvelle vague, Guy Delisle, canadese del Quèbec che ci ha consentito di scoprire la grottesca dittatura della Corea del Nord in Pyongyang e l'abisso antidemocratico del Myanmar in Cronache birmane, entrambi editi in Italia da Fusi Orari. Tradotti in diversi paesi, raccontano con uno stile essenziale e mai ideologico la vita di questi paesi ai confini del mondo. Del mondo libero, ma anche ai confini della realtà, schiacciati da assolutismi assurdi e improbabili, ma non per questo meno pericolosi e violenti. Essenziali nel tratto e nel disegno e dei dialoghi, sono cronache quotidiane che aprono una finestra laddove neanche una macchina fotografica può entrare.
Lo stile è quello del precedente più importante, quel Persepolis che, divenuto film, permise a Marjane Satrapi di stupire il mondo e persino di vincere a Cannes. Un lavoro straordinario che univa lo stile moderno, cronachistico e realistico, con quello delle autobiografie a fumetti, come Maus di Art Spiegelman. Quel bianco e nero dell'artista iraniana, i suoi disegni rotondi e semplici, creavano un'empatia che nulla toglieva alla forza del racconto oggettivo e soggettivo della storia. Anche in quel caso le vicende individuali, quelle della famiglia Satrapi, erano lo specchio di una nazione, l'Iran, e di una cultura, che crollavano su se stesse.