Questo articolo è stato pubblicato il 30 maggio 2010 alle ore 08:08.
di Gian Carlo Calza Il gesto come arte, la ricerca della forma pura, essenziale, il fascino del l'irregolarità, la dinamica del l'asimmetria, l'apprezzamento dell'anticonformismo, il vuoto come silenzio – come fattore di positività non di lacuna – sono alcune delle conquiste della cultura e dell'arte occidentali nel Ventesimo secolo. Derivano soprattutto dall'incontro con la filosofia religiosa dello zen, la corrente del buddhismo nata in Cina nel VI secolo e sviluppatasi poi in Giappone. Essa diede origine a un caratteristico genere in inchiostro nero su carta creato da monaci-artisti con dipinti e calligrafie vigorose, ma fluide, di un genere dall'espressione essenziale, quasi astratta.
In Giappone lo zen è una via religiosa e una filosofia, ma soprattutto una disciplina di vita che influenzò con i suoi modi e le sue arti l'esistenza stessa del popolo. Il suo stile si diffuse in lungo e in largo e, dalla prima metà del Ventesimo secolo, influenzò e influenza profondamente anche la cultura e l'arte occidentali. Gli artisti europei e americani che si avvicinarono allo zen ne conobbero dapprima la filosofia e lo stile di vita e in un secondo tempo l'arte. Per essi lo zen fu, e continua a esserlo, fonte di suggerimenti, poiché rappresenta una possibile soluzione a istanze etiche ed estetiche già emerse autonomamente nel contesto artistico occidentale.
Perché lo zen svolge questo ruolo, forse addirittura più profondo di quello che l'arte del mondo fluttuante, l'ukiyoe delle celebri stampe e dipinti di Hokusai (1760-1849), Utamaro (1754-1806), Hiroshige (1797-1858), giocò nell'universo estetico dell'impressionismo, dell'art nouveau e déco? Quale voce vi si leva a sollevare, e da tante corde, simili risonanze?
Vuole una leggenda che lo zen affondi le proprie origini in una predica che il Buddha storico non fece, limitandosi invece a tenere in mano un fiore. Un suo discepolo, Ananda, avrebbe inteso quanto il maestro aveva in tal modo trasmesso e lo avrebbe a sua volta segretamente tramandato. Dopo ventotto generazioni di patriarchi e circa mille anni il semi-mitico monaco Bodhidharma (?-528), in giapponese Daruma, avrebbe portato tale insegnamento in Cina fondandovi, nel VI secolo, la via chan del buddhismo. Chan, in giapponese zen, è la resa in cinese del sanscrito dhyana cioè meditazione.