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Questo articolo è stato pubblicato il 27 giugno 2010 alle ore 20:34.
La solitudine individuale di fronte alla morte di dio, il titanismo romantico. Ma soprattutto: l'oblio. O meglio, la regola dell'oblio. La meccanica del dimenticare.
Scegli la chiave della consapevole e inevitabile perdita di sé, quella più totale, il regista Andrea De Rosa per portare per mano nell'abisso di "Manfred" il suo attore, Valter Malosti. A più di trent'anni dalla performance di Carmelo Bene, il Teatro Stabile di Torino ripropone il poema drammatico di George Byron, nella nuova traduzione italiana di Enzo Moscato, con musiche di scena originali di Schumann.
«L'oblio – spiega De Rosa - è la parola chiave del Manfred, quella che mi ha attirato dentro questo strano e difficile testo-mondo, in cui valgono regole che sono ormai quasi impossibili da immaginare e dove si parla di cose lontane e perdute. Spiriti, dolore irreparabile, morte».
E con un salto mortale meta-teatrale, De Rosa annota – citando Nietzsche – come, «a ben guardare, con la morte di Dio sono morte molte parole: spirito è una di queste, l'altra è l'assoluto. Su l'una e l'altra l'Ottocento ha battuto la testa, in direzioni a volte contrapposte, attraverso ogni disciplina, dalla poesia alla pittura passando per la musica, la filosofia, il teatro, la politica. Manfred vive in questa terra lontana in cui è ancora possibile evocare i morti, gli spiriti, chiedere loro cosa vale e scoprire che non "un giorno in più" è la risposta ma il silenzio, l'oblio, la morte. La morte e il silenzio, la libertà e l'assoluto che a Manfred, per un maleficio, sono negati. Difficile da immaginare. Ma proprio per questo tanto più irresistibile l'invito a varcare la soglia di questo inquietante universo».
Meta-teatrale perché la scelta del protagonista, Valter Malosti, (rocambolesca, in sostituzione dell'attrice Frédérique Loliée in maternità), cade su un interprete affatto particolare, che con il suo"nietzschiano" teatro di Dioniso ha per primo in Italia restituito al filosofo della morte di dio una dimensione teatrale.
Lo spettacolo, in virtù dell'amore di Byron per l'Italia e dei suoi soggiorni nel nostra Paese, rientra anche nelle iniziative torinesi legate all'Ottocento italiano, in avvicinamento alle celebrazioni del 150° anniversario dell'unità d'Italia.