Questo articolo è stato pubblicato il 13 giugno 2010 alle ore 14:09.
di Michael Cunningham
Dopo quasi trent'anni passati a scrivere narrativa, sono arrivato a capire che la traduzione non è semplicemente un lavoro assegnato a un traduttore, ma una lunga, complessa e anche profonda serie di trasformazioni che coinvolgono anche scrittore e lettore. La "traduzione", essendo un atto umano, è, come tanti altri atti umani, un affare molto più complicato di quanto inizialmente possa apparire.
Lasciate che vi esponga un esempio dei dilemmi del traduttore.
Prendiamo quella che è probabilmente la frase più famosa della letteratura americana: «Call me Ishmael». È la frase di apertura del Moby Dick di Herman Melville. In America, anche chi non ha una profonda cultura riconosce questa frase.
Dunque. «Call me Ishmael». Tre semplici parole. Che c'è di difficile?
Tanto per cominciare, esse possiedono la più fondamentale e più evanescente delle qualità della scrittura: l'autorità. In quanto scrittori, noi dobbiamo, fin dalla prima frase, parlare con autorità ai nostri lettori.
L'"Autorità" è una qualità piuttosto misteriosa, ed è quasi impossibile analizzarla per scoprirne i componenti. Il primo compito del traduttore, quindi, è quello di ripristinare una certa energia che non può praticamente essere descritta o spiegata. Il traduttore è chiamato dunque a eseguire una magia.
Ma, sebbene le parole «Call me Ishmael» abbiano forza e sicurezza, forza e sicurezza da sole non bastano. Idiota, leggi questo, ha ugualmente forza e sicurezza, ma è meno probabile che queste parole raggiungano l'effetto desiderato. Cos'altro possiedono le parole di Melville che la frase Idiota, leggi questo non possiede?
Possiedono musicalità. Ed ecco il punto in cui il lavoro del traduttore diventa ancora più difficile.
La lingua della narrativa è composta in parti uguali di significato e musica. Le frasi dovrebbero avere ritmo e cadenza, dovrebbero coinvolgere e deliziare l'orecchio interiore. Idealmente, una frase letta ad alta voce, in una lingua sconosciuta, dovrebbe possedere comunque una qualità sonora, anche se chi la ascolta non ha idea del significato di ciò che gli viene raccontato.
Proviamo a dimenticare che le parole «Call me Ishmael» abbiano un significato, e soffermiamoci su come suonano.
Michael Cunningham è nato in Ohio e vive a New York. Si è imposto nel 1998 con il romanzo Le ore (Bompiani) che ha vinto il Premio Pulitzer, il Pen/Faulkner Award e il Grinzane Cavour 2000. Da Le ore è stato tratto il film interpretato da Meryl Streep, Nicole Kidman e Julianne Moore. Il suo nuovo romanzo, By Nightfall uscirà in ottobre da Farrar Strass & Giroux e da Bompiani con il titolo Al limite della notte.
Michael Cunningham sarà a Firenze per il Premio Vallombrosa Gregor von Rezzori (16-18 giugno): a Palazzo Medici Riccardi, giovedì 17 alle ore 18, terrà la Lectio magistralis «Il Lettore, lo Scrittore, il Traduttore», di cui anticipiamo la parte iniziale. L'incontro sarà preceduto dalla presentazione del volume L'attesa è magnifica di Gregor van Rezzori (Guanda). I finalisti del Premio sono Héctor Abad, Jean Echenoz, Perceval Everett, Nam Le e Maurizia Balmelli (per la traduzione).