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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2010 alle ore 18:57.
La nota introduttiva che accompagna il libro di Mario Margiocco «Il disastro americano – Riuscirà Obama a cambiare Wall Street e Washington?» (Fazi editore), porta la data del 31 marzo 2010, cioè il giorno in cui l’autore ha concluso (per l’anagrafe) una brillante carriera di inviato del “Sole 24 Ore”, avvezzo «nell’incalzare delle scadenze orarie» a scrivere articoli che «raramente superano le cento righe per sessanta battute», cimentandosi in un saggio «che di righe ne ha novemila».
L’occasione era per lui propizia: l’elezione di Barack Obama e la crisi finanziaria rappresentavano infatti «il sogno di ogni giornalista» (come sostiene il direttore del “Financial Times" Lionel Barber) e Margiocco, sulla scorta di un’antica e assidua frequentazione degli Stati Uniti, ha voluto riordinare le situazioni e i personaggi di queste due vicende straordinarie.
«Con la crisi del 2008 molti nodi sono venuti al pettine, a cominciare da quello dell’indebitamento eccessivo. Non sempre nel primo anno la presidenza Obama ha dimostrato, sul fronte finanziario, lucidità e coraggio». L’autore non ha però inteso scrivere un libro pessimista, perché «le possibilità per una nazione come quella americana di riprendere bene il proprio cammino ci sono tutte». Tema centrale del volume è «come il presidente abbia reagito alla crisi, quali idee, quali chiavi di lettura economiche e politiche abbia messo in campo».
Quando il libro di Margiocco era stato da poco chiuso in tipografia, il 16 giugno, Obama ha parlato alla nazione, usando per la prima volta lo Studio Ovale, prima con linguaggio militare, come comandante in capo, e poi con accenti religiosi, come leader spirituale di una nazione alle prese con una aggressione inaspettata e devastante, la marea nera che «sta cingendo di assedio» e «sta assalendo» le coste degli Stati Uniti e i cittadini americani.
La sua proposta è una specie di rivoluzione copernicana: in passato l'America è andata in guerra per difendere l'accesso al petrolio, la nuova crociata della Casa Bianca è di segno opposto: stavolta la battaglia è contro la dipendenza del paese dal liquido nerastro che sta rovinando il Golfo del Messico e rischia di compromettere la sua immagine di presidente saggio e risoluto. Ma le critiche al discorso non sono mancate. Da destra Obama è accusato di voler sfruttare il disastro nazionale della marea nera per fini personali, ricattando il Congresso perché approvi la sua agenda politica con nuove leggi sul clima e sulla energia pulita. Da sinistra Obama è accusato di non essere capace di far seguire i fatti alle sue «belle parole».