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Questo articolo è stato pubblicato il 18 giugno 2010 alle ore 08:07.
Un malore improvviso se l'è portato via a soli 48 anni.
È morto così, mercoledì sera a Ostia mentre passeggiava sul lungomare con la moglie, Corso Salani, regista-autore impegnato fra documentario e fiction («bisogna abbattere questo confine», era un suo motto), attore sempre al servizio del cinema indipendente italiano.
Salani, nato a Firenze nel 1961, si era diplomato all'Istituto di Scienze cinematografiche del capoluogo toscano nel 1984, debuttando nello stesso anno alla regia con Zelda, girato sull'isola di Capraia in Super8 (il formato dei "filmini" di famiglia di allora, ma anche di chi nutriva passioni precoci e "squattrinate" per il cinema).
Le regie di Salani, tutte molto attente e dense d'impegno civile, sono in realtà poco conosciute dal grande pubblico: il regista ha sempre cercato un'autenticità di sguardo che mal si concilia con le esigenze della distribuzione "normale", fin dal suo primo documentario Voci d'Europa,
del 1989.
Insieme al lavoro di regista, Salani ha coltivato una carriera d'attore di tutto rispetto: ha lavorato, fra gli altri, per Marco Risi in Il muro di gomma (1991), dedicato ai misteri della strage di Ustica, per Cristina Comencini in La fine è nota (1993) e, più recentemente, in Piano, solo (2007) di Riccardo Milani. Salani aveva appena finito di girare, con la collaborazione dell'Enel, una docu-fiction sulle morti sul lavoro dal titolo I casi della vita.
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