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Questo articolo è stato pubblicato il 20 giugno 2010 alle ore 18:52.
Il problema è il bricolage delle immagini. Nella sua mente ognuno fa il suo montaggio e inventa il film che desidera o che ricorda, proprio come nell'assemblaggio di pezzi che crea i sogni. Succede quando facciamo zapping con il telecomando, quando inventiamo un percorso di navigazione in internet, quando guardiamo le fotografie su facebook o gli spezzoni su You Tube: la mostra «You-We+Ablo», allestita alla Rotonda di via Besana a Milano, stimola riflessioni come queste, peraltro anticipate da teorici come Nicolas Bourriaud o Claire Bishop.
Le 25 opere esposte provengono dalla Fondazione Re Rebaudengo di Torino su selezione di Francesco Bonami con l'aiuto di Irene Calderoni. Immergono il visitatore in un'onda anomala perché non sono inserite in box isolanti: la Rotonda, per quanto affascinante, non è mai stata funzionale se non con enormi spese di allestimento. La soluzione trovata, mettere i video tutti insieme accavallando le immagini, munendo il visitatore di cuffie per non accavallare anche il loro sonoro, è brillante ma faticosa.
Però si possono invertire i termini: faticosa ma brillante. Il video d'arte è un mondo in cui non serve trama come nei film, non si devono rispettare tempi dati come negli spot, non si deve intrattenere come nei videoclip musicali. Però di questi tre ambiti fa propria ogni scaltrezza e, appunto, il tema del montaggio. Di fatto usciamo con in testa un ipervideo, un lungo iter di immagini che compone un'opera fai da te. Il bizzarro titolo della rassegna è «You-We+Ablo»; lo si capisce dopo la visita, quando ci si è resi conto che si tratta di una mostra di provenienza multicontinentale, spesso centrata su conflitti etnici tra paesi vicini e coronata dalla produzione di opere apposite, commissionate (Milano non ne è stata capace, Torino sì) in relazione a un gruppo apolide e anarchico, cresciuto in un bronx fuori controllo e fuori legge ma non fuori città, che oggi costituisce l'area più problematica del capoluogo lombardo. Là è nato Ablo, il gruppo che ha suonato all'inaugurazione e che ha ricordato una simile operazione di anni fa: Emir Kusuriza che, con la sua giacca d'oro, aveva portato nello stesso giardino una band zingara. Erano altri anni e si inaugurava la mostra «Stanze e Segreti», con un allestimento milionario di Denis Santachiara.