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Questo articolo è stato pubblicato il 30 giugno 2010 alle ore 08:36.
C'erano una famiglia di vampiri, una Bella umana e gli allupati mannari. Pardon, i mutaforma. No, non è l'inizio di una barzelletta, magari un pò osé, ma una visione ironica del terzo capitolo della saga pre(e post)adolescenziale che ha conquistato i cuori di tutti. Lacrime, sangue e cuori in tumulto per Robert Pattinson (che, ironia della sorte, anzi della morte, nel film è il vampiro Edward Cullen, con tanto di sangue freddo e cuore che ha smesso di battere) e Kristen Stewart. Quello che era appena accennato in New Moon ora è esplicito: il triangolo amoroso.
Il terzo protagonista. Sì, l'avevamo considerato, ma la morale mormona di Stephanie Meyer, autrice della saga letteraria, finora ce l'aveva solo lasciato immaginare. Il piccolo e naif Jacob, già divenuto nel secondo film un muscolosissimo e cool pretendente al cuore di Bella (e, si scopre, anche lui non proprio normalissimo: è un mutaforma) ora diventa, di fatto, il terzo protagonista. Il triangolo si paventa, Kristen deve scegliere tra il pallido, dinoccolato e gelido promesso sposo e l'abbronzatissimo, palestratissimo e caldissimo amico di sempre.
Di carne al fuoco, insomma, ce n'era parecchia, come d'altronde il buon libro corrispondente dimostra. Ma le tante possibilità offerte dalla trama e dall'intreccio di sentimenti e avvenimenti si perdono in una piattezza abbastanza clamorosa. Regalandoci l'impressione che l'esordio del primo Twilight, diretto dalla brava Catherine Hardwicke, sia ormai irraggiungibile, non solo per i critici ma anche, crediamo, per i fan. Di certo non siamo ai livelli imbarazzanti di New Moon, e David Slade non è Chris Weitz.
Rispetto al secondo episodio, quindi, qui inEclipse recuperiamo una regia decente, un ritmo non soporifero e un Pattinson più vivace. Ma rimane davvero troppo poco. Forse perché Lautner non è all'altezza della coppia più bella (e bianca) del mondo, convinto che i suoi addominali scolpiti e la sua espressività infantile possano bastare, forse per la sceneggiatura scontata e alcuni dialoghi esilaranti senza volerlo essere, forse perché pochi sembrano davvero credere a quello che stanno facendo. Basta pensare a uomini e donne di casa Cullen che ci propinano le loro strazianti storie di trasformazione in succhiasangue, dalla sposa vendicatrice- citazione di Tarantino imp(r)udente- all'ufficiale americano, eroico e stolto: spunti potenzialmente avvincenti, svolti come un tema da quinta elementare.